TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO Sezione prima civile Nella causa R.G. 8797/2021 tra Melone Gianmaria, nato a Milano il 28 marzo 1958 (codice fiscale MLNGMR58C28F205E), ai fini della presente procedura rappresentato e difeso per procura unita al ricorso dall'avv. Massimo De Vincenzo del Foro di Milano; Vivibanca S.p.a. (codice fiscale e partita I.V.A. n. 04255700654, con sede in Torino, via Giolitti n. 15, ai fini della presente procedura rappresentata e difesa per procura unita alla comparsa di risposta dagli avv. Marco Pesenti ed Edoardo Natale per procura ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Torino, corso Francia n. 25. Ordinanza di promovimento del giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale Il giudice, sciogliendo la riserva che precede, osserva quanto segue. 1. Fatti rilevanti. I seguenti dati di fatto, rilevanti in causa, sono non controversi o provati per documenti. L'attore ha sottoscritto con TerFinance (oggi Vivibanca) un contratto di prestito personale contro cessione del quinto dello stipendio, n. 27899, in data 16 ottobre 2014, con decorrenza dicembre 2014 e durata fino a novembre 2024, con n. 120 rate mensili ciascuna di euro 264,00 (doc. 1 att.) Il contratto e' stato estinto anticipatamente dal consumatore dopo il pagamento della rata di maggio 2019, con il rimborso integrale in unica soluzione del debito residuo. Nel conteggio di estinzione (doc. 2 att.), l'intermediario ha addebitato la commissione di estinzione anticipata, e cio' non forma oggetto di causa, e stornato gli interessi scalari sul debito residuo e le commissioni di gestione. Dopo l'estinzione anticipata, l'attore ha proposto reclamo in data 18 ottobre 2019 (doc. 4 att.), contestando che il calcolo fatto al momento dell'estinzione anticipata non rispettava il criterio pro rata temporis applicato dall'Arbitro Bancario Finanziario e, in ogni caso, chiedendo applicarsi la sentenza Lexitor della Corte di giustizia dell'Unione europea (11 settembre 2019, c-383/18), che richiede di calcolare il diritto alla riduzione spettante al consumatore, in caso di estinzione anticipata, sul costo totale del credito, compresi dunque gli oneri anteriori alla conclusione del contratto (Upfront), che la banca non aveva tenuto in considerazione. A seguito del riscontro negativo al reclamo (doc. 5 att.), l'attore ha presentato ricorso all'ABF in data 24 gennaio 2020, riproponendo le stesse richieste. In data 17 marzo 2020 l'intermediario ha volontariamente versato al ricorrente un assegno integrativo, a titolo di parziale rimborso, ma ha resistito per il resto alla pretesa, contestando la diretta applicabilita' all'ordinamento interno della Direttiva, come interpretata dalla sentenza Lexitor della Corte, in quanto priva di efficacia orizzontale (i.e. nei rapporti tra privati). Il Collegio ABF di Milano, preso atto del versamento parziale, ha accolto parzialmente il ricorso, con decisione in data 5 giugno 2020 (doc. 7), attenendosi ai criteri della sentenza Lexitor, come recepiti dalla decisione del Collegio di coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario del 17 dicembre 2019, n. 26525 (doc. 8 att.). L'intermediario, tuttavia, ha rifiutato di dare volontaria esecuzione alla decisione dell'ABF, dandone comunicazione al ricorrente e alla segreteria dell'Arbitro Bancario, con comunicazione a mezzo Pec in data 7 luglio 2020 (doc. 9 att.). L'attore ha adito questo Tribunale con ricorso ex art. 702-bis del codice di procedura civile, chiedendo la liquidazione delle maggiori somme dovutegli in applicazione della sentenza Lexitor, mentre il finanziatore s'e' costituito in giudizio. Nel corso del giudizio, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la legge 23 luglio 2021, n. 106, che ha convertito con emendamenti il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 e che, in particolare, all'art. 11-octies, ha regolato la materia oggetto del presente giudizio. A verbale di udienza del 14 settembre 2021, il giudice ha invitato le parti alla discussione della lite, anche sotto il profilo dello Ius superveniens e segnalato la questione di legittimita' costituzionale della nuova normativa per violazione dell'art. 11 della Costituzione. 2. Profilo sintetico della questione. Secondo la normativa dell'Unione europea relativa ai contratti di credito ai consumatori, in particolare la seconda Direttiva 23 agosto 2008, n. 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori (d'ora in avanti anche la «Direttiva»), «il consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto» (art. 16, par. 1). La seconda Direttiva e' stata recepita con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, che ha modificato in parte qua il testo unico bancario (decreto del Presidente della Repubblica 1° settembre 1993, n. 385), dove il diritto del consumatore a estinguere anticipatamente il contratto e' disciplinato dall'art. 125-sexies (comma 1), formulato in termini quasi identici all'art. 16, par. 1, Direttiva: «il consumatore puo' rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto». La controversia all'odierno esame verte sulla misura del diritto alla riduzione. Il motore della controversia consiste non tanto nell'unica differenza tra le due disposizioni («comprende gli interessi e i costi dovuti ecc.»; «pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti ecc.»), che e' obiettivamente modesta, ma nello spostamento dell'enfasi dai «costi dovuti per la vita residua del contratto» al «costo totale del credito», che si e' verificato a seguito della nota sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (dell'11 settembre 2019, C-383/18, Lexitor). Il principio espresso dalla Lexitor e' piu' favorevole al consumatore, perche' considera ai fini del calcolo della misura della riduzione, da operarsi in proporzione (pro rata temporis) alla durata residua del contratto, il costo totale del credito, compresi i costi anteriori alla sottoscrizione del contratto e indipendenti dalla durata del contratto (c.d. oneri Upfront, ad es. istruttoria, provvigioni di agenzia ecc.), anziche' la sola frazione dei costi dipendenti dalla durata del contratto (c.d. oneri Recurring) non maturata al momento del rimborso anticipato del capitale [paragrafo 3.3.] Il diritto applicato in Italia, e anche in altri ordinamenti, fino a Lexitor, prevedeva tuttavia, non soltanto sul piano legislativo, quanto anche della normazione secondaria emanata da Banca d'Italia, degli orientamenti e comunicazioni espresse da quest'ultima autorita' ecc., la ripetibilita' dei soli oneri Recurring non maturati al momento del rimborso del capitale: pertanto s'e' trovato in latente conflitto con la sentenza Lexitor e, mediatamente, con lo stesso art. 16, par. 1, Direttiva [paragrafo 3.1. e 3.2.]. Dopo Lexitor, parte significativa della giurisprudenza - a partire dall'autorevole precedente del Collegio di coordinamento dell'ABF dell'11 dicembre 2019 -, alla luce del dovere di «leale cooperazione» e dell'obbligo delle autorita' degli stati membri di interpretare le norme di diritto interno in modo conforme alla Direttiva, nei limiti delle possibilita' offerte dagli ordinari mezzi interpretativi, ha applicato il principio di diritto espresso dalla Corte di giustizia, ritenendolo non manifestamente incompatibile con il testo dell'art. 125-sexies, comma 1 del TUB che, a sua volta, riproduceva senza apprezzabili scostamenti la corrispondente previsione della Direttiva, su cui era caduta l'interpretazione della Corte di giustizia [paragrafo 3.4. e 3.5.]. Alla sentenza, il legislatore italiano ha reagito con un emendamento contenuto nella legge di conversione (legge 23 luglio 2021, n. 106) del decreto-legge Sostegni-bis (decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73), recependo il principio espresso dalla sentenza Lexitor - la ripetibilita' pro rata temporis del costo totale del credito -, limitandone pero' l'efficacia nel tempo ai soli contratti successivi all'entrata in vigore della legge (25 luglio 2021) e mantenendo al contempo fermo lo status quo ante - e quindi la ripetibilita' dei soli costi Recurring non maturati - per i contratti anteriori al 25 luglio 2021 [paragrafo 3.61. Il mantenimento dello status quo ante ha l'evidente funzione di salvaguardare il legittimo affidamento degli intermediari finanziari e dei professionisti operanti nel settore (agenti, mediatori creditizi), conseguente agli orientamenti espressi dall'Autorita' di vigilanza, alla diffusione di regole analoghe in altri Paesi membri dell'Unione, alla mancanza di procedure di infrazione, aperte dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia o di altro stato membro, per inesatta o incompleta trasposizione del diritto del consumatore alla riduzione del costo del credito [paragrafo 3.6.]. In disparte ogni valutazione politica sulla razionalita' e ragionevolezza di una gestione ordinata della transizione, evitando un passaggio brusco da un principio (intangibilita' degli oneri Upfront) al suo opposto (ripetibilita' pro-rata anche degli oneri Upfront), non soltanto in funzione dei diritti del consumatore nei confronti dell'intermediario, ma anche ad es. dell'intermediario nei confronti della propria rete distributiva e non pare un caso che altri Stati membri abbiano adottato un regime intertemporale per limitare la retroattivita' degli effetti di Lexitor [paragrafo 3.6] -, si deve dubitare che uno stato membro abbia il potere discrezionale di modulare unilateralmente nel tempo l'efficacia di una Direttiva o, in termini equivalenti, di una sentenza della Corte di giustizia UE che interpreta una Direttiva, fuori dalle facolta' concesse dalla Direttiva o dalla sentenza stessa o di un nuovo negoziato post factum in sede europea. In particolare, le decisioni della Corte di giustizia su questioni pregiudiziali interpretative hanno normalmente efficacia retroattiva, limitandosi a dichiarare il significato della disposizione interpretata, e appartiene alla sola Corte, che provvede con valutazione caso per caso, la facolta' di limitare nel tempo l'efficacia dell'interpretazione che essa fornisce. Secondo una massima giurisprudenziale ripetuta, la Corte di giustizia potrebbe esercitare questo potere soltanto con la stessa pronuncia con cui rende l'interpretazione. In ogni caso, e' evidente che la Corte di giustizia UE non ha limitato l'efficacia nel tempo dei principi di Lexitor con la sentenza stessa e nemmeno in seguito [paragrafo 3.9.] Pertanto, la disposizione di legge qui impugnata (art. 11-octies, comma 2 del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73) toglie al consumatore il diritto attribuitogli dall'art. 125-sexies, comma 1 TUB (nel testo originario), interpretato in conformita' alle fonti europee e radicalizza il conflitto tra ordinamento italiano e diritto UE gia' esistente, in forma latente, all'indomani della Lexitor. Per questo motivo, la disposizione appare censurabile sotto il profilo della legittimita' costituzionale perche' in violazione degli articoli 11 e 117 primo comma della Costituzione, integrati dall'art. 16, par. 1, Direttiva n. 2008/48/CE, nell'interpretazione della Corte di giustizia [paragrafo 3.6.]. Il promovimento della questione di legittimita' costituzionale in via incidentale non e' eludibile, nonostante contrarie opinioni giurisprudenziali. In primo luogo, la disposizione impugnata non presenta margini, che ne consentano l'interpretazione in conformita' a Lexitor, e il dovere di leale cooperazione previsto dal Trattato sull'Unione europea non si spinge fino al punto da imporre al giudice di uno stato membro un'interpretazione non consentita dagli strumenti ermeneutici del suo diritto interno, ne' manifestamente contra legem [paragrafo 3.7. e 3.8]. In secondo luogo, non e' possibile la risoluzione dell'antinomia, mediante la non applicazione dell'art. 11-octies, comma 2, decreto-legge n. 73/2021 e l'applicazione in sua vece dell'art. 16, par. 1, Direttiva, come interpretato dalla Corte di giustizia, poiche' la Direttiva, regolando un rapporto esclusivamente inter-privato, non ha efficacia diretta, che e' condicio sine qua non affinche' il giudice di uno stato membro possa disapplicare il diritto interno [paragrafo 3.8]. In conclusione, gli atti devono essere rimessi alla Corte costituzionale, per violazione delle norme parametro sopra citate, affinche' dichiari l'illegittimita' dell'art. 11-octies, secondo comma, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (convertito in legge 23 luglio 2021, n. 106), nelle parti in cui prevede che «alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell'art. 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d'Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti» e limita ai contratti sottoscritti successivamente all'entrata in vigore della legge il principio, espresso nell'art. 16, par. 1 della Direttiva n. 2008/48/CE, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in data 11 settembre 2019 C-383/18, che «il consumatore che rimborsa anticipatamente, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte» [paragrafo 3.10]. La questione e' evidentemente rilevante ai fini della decisione, poiche' il contratto oggetto di causa e' stato concluso nella vigenza della Direttiva n. 2008/48/CE, ma anteriormente al 25 luglio 2021, ed estinto anticipatamente dal consumatore con rimborso integrale del capitale. Dall'accoglimento della presente questione dipende quindi l'esistenza del diritto alla ripetibilita' pro rata temporis degli oneri Upfront, che e' oggetto della domanda [paragrafo 3.10.]. 3. Analisi della questione. 3.1. La misura del diritto alla riduzione, per il caso di rimborso anticipato, e' stata oggetto della normazione secondaria di Banca d'Italia, destinata agli intermediari bancari e finanziari, a partire dalle «Disposizioni di trasparenza dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti» del 29 luglio 2009, e in particolare dalla revisione del 9 febbraio 2011. Secondo tali disposizioni, «nei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalita' di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l'indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore» (Sezione VII, Credito ai consumatori, paragrafo 5.2.1, in nota). Una previsione analoga si legge in sezione XI, requisiti organizzativi, paragrafo 2 in nota. «L'indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata» implica evidentemente l'esistenza di oneri irripetibili, perche' relativi ad attivita' anteriori alla sottoscrizione del contratto, e di oneri astrattamente ripetibili, ma di cui non sussistono le condizioni per lo sgravio, perche' gia' maturati alla data del rimborso anticipato. L'interpretazione di Banca d'Italia puo' essere elaborata in questi termini. Oggetto del diritto alla riduzione sono interessi e costi non ancora maturati alla data dell'estinzione anticipata. Gli interessi maturano giorno per giorno, come frutti del capitale concesso in godimento e cessano di prodursi con il rimborso anticipato. Gli altri oneri e costi consistono nel riaddebito al consumatore di una spesa fatta dall'intermediario per suo conto o nella remunerazione di un'attivita' propria dell'intermediario. La maturazione coincide, in tal caso, con il compimento della prestazione remunerata, sia essa funzionale alla conclusione del contratto (istruttoria, mediazione creditizia ecc.) o alla sua esecuzione (elaborazioni e comunicazioni in corso di contratto, prestazione della copertura assicurativa ecc.). Le spese che riguardano attivita' fatte prima del contratto non possono, pertanto, essere mai rimborsate (ad es. spese di istruttoria, perizia, compenso del mediatore creditizio o dell'agente), mentre quelle che dipendono dall'esecuzione sono oggetto di sgravio, o di rimborso se anticipate, se la prestazione non ha avuto luogo in conseguenza dell'estinzione anticipata. L'art. 125-sexies TUB (ex decreto legislativo 141/2010» consente questa lettura, se si riconosce un ruolo centrale agli «interessi e costi dovuti». Considerando che l'interesse e' «dovuto» dal tempo della maturazione o scadenza (cfr. art. 1283 del codice civile) e che gli altri oneri egualmente possono ritenersi «dovuti» quando sono verificate le condizioni per la loro esigibilita' e che la riduzione deve misurarsi sui costi «dovuti per la vita residua del contratto» e' evidente che i costi anteriori all'estinzione del contratto sono irripetibili. Al di la' della pura sistemazione concettuale, l'irripetibilita' di una parte del costo totale del credito e' anche coerente con un principio di diritto civile, ossia che lo scioglimento anticipato del contratto, per recesso libero di una delle parti, non dovrebbe normalmente pregiudicare i diritti gia' acquisiti, nel corso dell'esecuzione anteriore al recesso [cfr. art. 1373, comma 2 del codice civile] e tanto meno quelli anteriori al contratto stesso. 3.2. La linearita' della distinzione tra oneri Upfront e Recurring non ha impedito agli intermediari prassi commerciali scorrette, stigmatizzate negli orientamenti di vigilanza di Banca d'Italia, quali il caricamento in misura rilevante della quota delle commissioni Upfront, una ripartizione delle commissioni tra quota Upfront e Recurring, sovente non supportata da una dettagliata analisi dei costi e caratterizzata da uno sbilanciamento nei confronti della prima, la distinzione poco chiara, nell'ambito degli oneri posti a carico del cliente, tra componenti di costo dovute all'intermediario e componenti di costo dovute alla rete distributiva, la duplicazione di commissioni a fronte di una medesima attivita', l'ambiguita' nel discriminare tra costi Upfront e Recurring, con conseguente ingiustificato innalzamento del livello complessivo dei costi e sottovalutazione degli importi oggetto di restituzione in caso di rimborso anticipato del capitale. Pur stigmatizzando le prassi scorrette e valorizzando come buona pratica di mercato gli schemi tariffari che incorporano nel tasso annuo nominale la gran parte degli oneri connessi con il finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio, poiche' cio' riduce la quota degli oneri irripetibili ed evita l'innalzamento dei costi per il caso di rimborso anticipato, Banca d'Italia ha continuato a muoversi all'interno della divisione tra oneri Upfront e Recurring, senza negarne mai la validita' in linea di principio. Lo stato consolidato della giurisprudenza italiana al momento dell'uscita della sentenza Lexitor della Corte di giustizia dell'Unione europea (dell'11 settembre 2019, C-383/18) era dunque il seguente, ben riassunto nel primo autorevole precedente successivo, la decisione del Collegio di coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario in data 11 dicembre 2019, n. 26525, dove riemergono alcune delle prassi scorrette censurate dalla Vigilanza di Banca d'Italia: "1) «nella formulazione dei contratti, gli intermediari sono tenuti ad esporre in modo chiaro e agevolmente comprensibile quali oneri e costi siano imputabili a prestazioni concernenti la fase delle trattative e della formazione del contratto (costi up front, non ripetibili) e quali oneri e costi maturino nel corso dell'intero svolgimento del rapporto negoziale (costi Recurring rimborsabili pro quota); 2) in assenza di una chiara ripartizione nel contratto tra costi up front e Recurring anche in applicazione dell'art. 1370 del codice civile e, piu' in particolare, dell'art. 35, comma 2, decreto legislativo n. 206 del 2005 [codice del consumo] (secondo cui, in caso di dubbio sull'interpretazione di una clausola prevale quella piu' favorevole al consumatore) l'intero importo di ciascuna delle suddette voci deve essere preso in considerazione al fine della individuazione della quota parte da rimborsare; 3) l'importo da rimborsare deve essere determinato, com'e' noto, secondo un criterio proporzionale, tale per cui l'importo di ciascuna delle suddette voci viene moltiplicato per la percentuale di finanziamento estinto anticipatamente, risultante (se le rate sono di eguale importo) dal rapporto fra il numero complessivo delle rate e il numero delle rate residue». 3.3. Con la citata sentenza Lexitor, la Corte di giustizia ha deciso una pregiudiziale interpretativa, che un tribunale polacco ha sollevato, relativamente all'art. 16 della Direttiva n. 2008/48/CE, di cui il giudice remittente ha offerto due interpretazioni. La prima considera soggetti a riduzione i costi «connessi alla durata del credito. Pertanto, il termine "costi" si riferisce alle spese che l'ente creditizio deve sostenere in relazione al credito concesso [..] dal momento che l'ente creditizio non sosterra' tali spese, il consumatore dovrebbe avere il diritto di farle detrarre dal costo totale del credito». Nella seconda, la «restante durata del contratto» non e' un criterio di selezione dei costi ammissibili a riduzione, ma riguarda le modalita' di calcolo della riduzione, che deve essere proporzionale alla residua durata. Oltre a queste due interpretazioni, l'Avvocato generale ha preso in esame nelle sue conclusioni (punto 45-46) anche una terza interpretazione, considerando «costi dovuti per la restante durata del contratto» quelli formalmente indicati nel contratto stesso come «dipendenti dalla durata del contratto» oppure «non ancora scaduti al momento del rimborso anticipato». La Corte di giustizia ha premesso che «un'analisi comparativa delle diverse versioni linguistiche dell'art. 16, paragrafo 1, della Direttiva n. 2008/48 non permette di stabilire la portata esatta della riduzione del costo totale del credito prevista da tale disposizione» (punto 25), atteso che alcune di esse sembrano indicare la «restante durata del contratto» come criterio di calcolo del rimborso e altre, tra cui l'italiana, come criterio di selezione dei costi da rimborsare, quelli «dovuti», cioe' di scadenza (o maturazione) successiva al rimborso anticipato. Esclusa la decisivita' dell'argomento letterale, la Corte ha dato preminenza a un argomento di taglio storico, consistente nel raffronto con l'analoga previsione della prima Direttiva (87/102/CE), che si limitava a richiedere una «equa riduzione», e soprattutto a un argomento di tipo teleologico. Ha quindi argomentato a partire dall'obiettivo della Direttiva, consistente nel «garantire un'elevata protezione del consumatore», in base all'assunto che «il consumatore si trova in una situazione di inferiorita' rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere di negoziazione che il livello di informazione (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerova, C-377/14, EU:C:2016:283, punto 63)» (punto 29). «Al fine di garantire tale protezione, l'art. 22, paragrafo 3, della Direttiva n. 2008/48 impone agli Stati membri di provvedere affinche' le disposizioni da essi adottate per l'attuazione di tale Direttiva non possano essere eluse attraverso particolari formulazioni dei contratti» (punto 30). Pertanto - arrivando al cuore dell'argomentazione - deve darsi un'interpretazione «utile» dell'art. 16, par. 1 nel senso di salvaguardare «l'effettivita' del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito» e al contempo togliere all'intermediario la possibilita' di incidere sulla misura del diritto del consumatore, formulando a propria discrezione il contratto o l'offerta economica. Le esemplificazioni ai punti 31-33 sono coerenti con queste premesse. Non puo' ammettersi «la presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che [..] i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca e che la fatturazione di costi puo' includere un certo margine di profitto» (punto 31), ne' la riduzione dei «soli costi espressamente correlati alla durata del contratto» poiche' cio' «comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti piu' elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiche' il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto» (punto 32). Infine, la stessa divisione dei costi in due tipologie distinte, per causa e-o tempo di maturazione, e' in grado di pregiudicare l'effettivita' del diritto del consumatore, visto che «il margine di manovra di cui dispongono gli istituti creditizi nella loro fatturazione e nella loro organizzazione interna rende, in pratica, molto difficile la determinazione, da parte di un consumatore o di un giudice, dei costi oggettivamente correlati alla durata del contratto» (punto 33). Avendo respinto con questi argomenti la prima e la terza interpretazione, la Corte di giustizia ha accolto la seconda, statuendo che «l'art. 16, paragrafo 1, della Direttiva n. 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la Direttiva n. 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore». In quest'interpretazione, tutte le voci di costo - interessi e oneri; oneri anteriori e successivi al contratto; indipendenti e dipendenti dalla durata - devono contribuire alla riduzione. Non e' escluso che il diritto interno o il contratto possa prevedere un metodo di calcolo per gli interessi (ad es. la c.d. curva degli interessi) e un altro per gli oneri (ad es. la riduzione lineare pro rata temporis) o distinguere secondo tipologie di oneri, ma e' certo che la distinzione tra oneri (intrinsecamente) irripetibili e oneri ripetibili in funzione della durata non ha piu' ragione d'essere. La misura della riduzione non dipende qui dagli oneri sgravati come ripetibili, ma dalla «restante durata» del contratto, secondo un criterio di proporzionalita' in senso ampio rispetto alla durata totale. Lo spostamento di enfasi - dall'individuazione degli oneri ripetibili, perche' dipendenti dalla durata, al costo totale del credito in proporzione alla restante durata - toglie all'intermediario la facolta' di «giocare» sulle qualificazioni contrattuali e sulla distribuzione dei costi, all'interno di un'offerta economica invariata, tra interessi, oneri Upfront e Recurring al fine di contenere la misura delle restituzioni per il caso di rimborso anticipato. Implicitamente, ma in termini non equivoci, restano colpite anche le pratiche opportunistiche degli intermediari piu' volte censurate dalla giurisprudenza italiana, come l'ambiguita' nella descrizione delle attivita' e nella classificazione degli oneri a fini dell'applicazione dell'art. 125-sexies. 3.4. Al contempo, l'interpretazione della Corte e' palesemente incompatibile con gli orientamenti espressi da Banca d'Italia nelle Disposizioni di trasparenza dei servizi bancari e finanziari citate sopra [paragrafo 3.1], poiche' l'alternativa si da' in modo secco: o la totalita' dei costi del credito o i soli costi dipendenti dalla durata del contratto e non ancora maturati. Cio' non toglie che alcuni costi possano essere per loro natura del tutto estranei a una possibile riduzione - ad es. le imposte che pur rientrano nel perimetro del costo totale del credito (art. 121, comma 1, lettera «e» del TUB) - e non esclude che le norme interne o il contratto possano prevedere modalita' di riduzione differenti per i costi anteriori e successivi alla stipula del contratto. Al netto di queste riserve, le due interpretazioni non appaiono riconciliabili, poiche' esistono certamente spese (diverse dalle imposte) anteriori alla sottoscrizione e indipendenti dalla durata del contratto che sono del tutto irripetibili secondo l'interpretazione di Banca d'Italia e che, invece, dovrebbero concorrere alla riduzione secondo la sentenza Lexitor. L'evidente conflitto tra le due interpretazioni ha reso necessario alla giurisprudenza interrogarsi, se e quale efficacia riconoscere nell'ordinamento italiano alla sentenza Lexitor o, per meglio dire, all'art. 16 della Direttiva, cosi' come interpretato da questa sentenza. Il valore di precedente non puo' revocarsi in dubbio, per il solo fatto che la fattispecie sottoposta all'esame della Corte sia venuta a esistenza in altro ordinamento, poiche' la sentenza Lexitor non riguarda la compatibilita' tra la Direttiva n. 2008/48/CE e le norme interne dell'ordinamento del giudice remittente, ma precisamente l'interpretazione dell'art. 16, par. 1 Direttiva in quanto tale. Il regime di parita' linguistica vigente all'interno dell'Unione europea comporta che tutte le lingue ufficiali dell'Unione fanno «ugualmente fede», per quanto concerne l'interpretazione sia dei trattati (art. 55, par. 1, Trattato sull'Unione europea) sia del diritto derivato (art. 358 TFUE, che richiama l'art. 55 Trattato sull'Unione europea). La pari dignita' delle lingue ufficiali e «la necessita' che le direttive dell'Unione vengano interpretate in modo uniforme esclud[ono] che, in caso di dubbio, il testo di una disposizione sia considerato isolatamente, e impon[gono], invece, che esso venga interpretato e applicato alla luce dei testi redatti nelle altre lingue ufficiali [..] Inoltre, in caso di difformita' tra le diverse versioni linguistiche di un testo dell'Unione, la disposizione di cui trattasi deve essere intesa in funzione del sistema e della finalita' della normativa di cui fa parte» (Corte giustizia UE, 15 aprile 2010, causa C-511/08, punto 51; ivi indicazione di molti altri precedenti conformi). Pertanto, Lexitor riguarda il significato dell'art. 16, par. 1 Direttiva e ha l'ambizione di assorbire e superare in via interpretativa le equivocita' e differenze testuali delle diverse versioni ufficiali, non a caso passate in rassegna dalla Corte (punto 25). Per parte della giurisprudenza di merito (ad es. Tribunale di Napoli 22 novembre 2019 n. 10489; giudice di pace di Roma 28 agosto 2020 n. 13888 entrambe disponibili in Rete) il nuovo principio espresso da Lexitor non potrebbe sostituire la tradizionale distinzione tra oneri ripetibili e irripetibili, poiche' una Direttiva europea - e per estensione la sentenza che la interpreta - non ha efficacia diretta orizzontale tra privati, avendo come destinatari gli Stati membri e generando nei loro confronti vincoli «per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi» (art. 288 TFUE). Se e' ragionevolmente certo, nel quadro della giurisprudenza della Corte di giustizia, che «anche una disposizione chiara, precisa ed incondizionata di una Direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai privati non puo' essere applicata come tale nell'ambito di una controversia che ha luogo esclusivamente tra privati» (Corte di giustizia UE 5 ottobre 2004, nelle cause riunite da C-397 a C-403/01, Pfeiffer et al. punto 109) e che, pertanto, la Direttiva non puo' essere fatta valere tra privati come fonte diretta di diritti e obblighi, nondimeno la Direttiva n. 2008/48/CE e' stata attuata, e' quindi la norma interna a porsi come fonte di diritti e obblighi delle parti e metro di giudizio della validita' delle clausole contrattuali, salvo che il giudice nazionale e' tenuto a interpretare la norma interna in modo conforme alla Direttiva, nei limiti delle possibilita' offerte dagli ordinari mezzi interpretativi, cosi da realizzare (o non ostacolare la realizzazione de) gli obiettivi della Direttiva. Nella giurisprudenza della Corte, l'obbligo di interpretazione conforme e' un corollario del principio di leale cooperazione e, in particolare, dell'obbligo degli stati membri di «adottare ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione» (art. 4 par. 3 Trattato sull'Unione europea). Destinatari di quest'obbligo sono «tutti gli organi degli stati membri ivi compresi, nell'ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. Ne consegue che nell'applicare il diritto nazionale, e in particolare la legge nazionale espressamente adottata per l'attuazione della Direttiva [..], il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della Direttiva onde conseguire il risultato» (Corte di giustizia UE 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann e molte altre conformi). Resta fermo che l'obbligo di interpretazione conforme non puo' spingersi al punto di imporre un'interpretazione contra legem (cfr. Corte giustizia UE 24 gennaio 2012 in causa C-282/10, Dominguez). La natura vincolante dell'interpretazione del diritto comunitario adottata dalla Corte di giustizia e' riconosciuta anche dalla Cassazione (vedi tra molte Cassazione 3 marzo 2017, n. 5381; Cassazione 8 febbraio 2016, n. 2468; Cassazione 11 dicembre 2012, n. 22577), secondo cui tale interpretazione «ha efficacia ultra partes, sicche' alle sentenze dalla stessa rese, sia pregiudiziali che emesse in sede di verifica della validita' di una disposizione, va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensi' in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell'ambito della Comunita'». L'intensita' del vincolo interpretativo e' bene espressa dalla citata sentenza Pfeiffer che, quando la controversia verte proprio sull'applicazione delle disposizioni di attuazione della Direttiva, richiede al giudice di presumere che «lo Stato, essendosi avvalso del margine di discrezionalita' di cui gode in virtu' [dell'art. 249, terzo comma, Trattato CE; ora art. 288 comma 3 TFUE], abbia avuto l'intenzione di adempiere pienamente gli obblighi derivanti dalla Direttiva considerata» (punto 112) e di utilizzare tutti i metodi di interpretazione riconosciuti dall'ordinamento, che consentono di «interpretare una norma dell'ordinamento giuridico interno in modo tale da evitare un conflitto con un'altra norma di diritto interno o di ridurre a tale scopo la portata di quella norma applicandola solamente nella misura compatibile con l'altra», al fine di evitare un'antinomia tra la Direttiva e le norme interne e «ottenere il risultato perseguito dalla Direttiva» (punto 116). La presunzione non e' assoluta, non esclude la possibilita' che la Direttiva sia stata trasposta in modo non fedele nell'ordinamento nazionale, ma confina il caso dell'interpretazione contra legem del diritto nazionale - comunque non consentita - a casi di manifesta ed eclatante violazione, quando cioe' alla disposizione di diritto interno non possa essere assegnato alcun ragionevole significato compatibile con il significato della Direttiva «dichiarato» dalla Corte di giustizia. Al contrario, se tra i plurimi significati che possono trarsi dalla disposizione di diritto interno ce ne e' almeno uno compatibile, il giudice e' tenuto a conformare la propria interpretazione a quella della Corte. 3.5. Venendo, infine, al confronto tra le due norme, non ci sono, all'interno dell'art. 125-sexies, comma 1 TUB (ex decreto legislativo n. 141/2010), indici testuali di particolare pregnanza, che marchino una differenza consapevole rispetto alla corrispondente previsione della Direttiva. L'unico elemento testuale che differenzia le due disposizioni in modo apprezzabile consiste nella misura della riduzione, che in un caso (art. 125-sexies TUB) e' dichiarata «pari» allo «importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto» e nell'altro (art. 16 Direttiva) «comprende» tale importo. «Comprende» ha un'estensione almeno potenzialmente superiore a «pari» e, in linea di principio, potrebbe dar luogo a speculazioni, circa la diversa portata dei due enunciati, nel senso della piu' ampia tutela dei diritti del consumatore (secondo la Direttiva) e della discrezionale restrizione di questa tutela (secondo il legislatore nazionale). Al contempo, e' evidente che la sentenza Lexitor non ha assegnato alcun valore esegetico ad argomenti di tipo letterale - anzi, ha dichiarato inconcludente l'analisi comparativa delle diverse versioni (punto 25) -, certamente ha valorizzato e costruito la propria interpretazione dell'art. 16, par. 1 su altri elementi, ossia il «costo totale del credito», che la definizione del TUB riprende senza particolari adattamenti dall'art. 3 Direttiva, e «la restante durata del contratto», e infine su altre disposizioni della Direttiva, come l'art. 22, par. 3 che richiede di evitare che i diritti attribuiti dalla Direttiva siano elusi «attraverso particolari formulazioni dei contratti». Su queste premesse, la pur esistente differenza testuale tra le disposizioni a confronto («comprende», «pari») e' superata per numero e pregnanza dagli elementi comuni e non appare sufficiente ad argomentare una consapevole differenziazione delle tutele, tra diritto interno e diritto UE. Inoltre, la formulazione dell'art. 125-sexies (ex decreto legislativo n. 141/2010) e' tecnicamente piu' accurata della corrispondente previsione della Direttiva, che limitandosi a «comprendere» certi costi nel perimetro dei costi ripetibili, ne lascia indefinita l'estensione massima possibile. La spiegazione tecnica appare, dunque, ragion sufficiente della diversa e piu' stretta formulazione dell'enunciato dell'art. 125-sexies, comma 1 TUB (ex decreto legislativo n. 141/2010), senza che tale piu' stretta formulazione sottintenda anche e necessariamente una diversa opzione di politica del diritto, chiaramente espressa e ostativa all'interpretazione conforme. Indubbiamente, le due interpretazioni, pur se ricavate dal medesimo testo, sono irreconciliabili e, tuttavia, il principio di intangibilita' dei diritti acquisiti, che fornisce la chiave di lettura degli orientamenti di Banca d'Italia e della giurisprudenza italiana anteriori alla Lexitor [paragrafo 3.1.], oltre a rispondere a un canone di semplice normalita' e non di assoluta inderogabilita' ed essere quindi recessivo di fronte a una scelta normativa contraria, non e' nemmeno presidiato da chiari indici testuali nell'art. 125-sexies, che possano precludere un'interpretazione differente, alla luce di un diverso principio. La stessa Banca d'Italia, a cui si deve la piu' ampia elaborazione del terna degli oneri ripetibili e irripetibili, non e' nemmeno considerata dall'art. 125-sexies come fonte regolatrice secondaria e quest'assenza e' tanto piu' evidente, in quanto molte altre disposizioni, nella stessa sedes materiae, affidano a Banca d'Italia la funzione di emanare norme integrative, di spiccato carattere tecnico, come le modalita' di calcolo del TAEG (art. 121, comma 3 TUB) o i criteri di verifica del merito creditizio (art. 124-bis, comma 3), o rispondenti alle finalita' di trasparenza e correttezza nelle relazioni tra intermediari e clienti, dai contenuti della pubblicita' agli obblighi di informazione (articoli 123, comma 2, 124 comma 7, ecc.). In definitiva, l'assenza di differenze apprezzabili e di indici testuali «forti», di rango legislativo, a presidio dell'interpretazione invalsa nel diritto applicato, rendono possibile la sostituzione della chiave di lettura della norma - dall'intangibilita' dei diritti acquisiti dell'intermediario (e degli altri professionisti) all'effettivita' dei diritti del consumatore - senza arrecare apparenti traumi alla coerenza e logicita' dell'enunciato normativo e senza incorrere in una manifesta contrarieta' a legge, che costituisce l'estremo punto di resistenza dell'ordinamento interno all'obbligo di interpretazione «in conformita'». Nel senso dell'interpretazione dell'art. 125-sexies TUB secondo il principio espresso da Lexitor vedi tra molte la decisione del Collegio di coordinamento ABF dell'11 dicembre 2019, n. 26525: «non puo' dubitarsi che detta interpretazione sia ineludibile anche nel caso di specie, sottoposto com'e' sia all'art. 121, comma 1, lettera e) del TUB, che indica la nozione di costo totale del credito in piena aderenza all'art. 3 della Direttiva, sia all'art. 125-sexies TUB che, dal punto di vista letterale, appare a sua volta fedelmente riproduttivo dell'art. 16 par. 1 della stessa Direttiva. Infatti l'art. 125-sexies, secondo cui in caso di estinzione anticipata del finanziamento il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, "pari" all'importo degli interessi e "dei costi dovuti per la vita residua del contratto", non sembra affatto diverso rispetto alla disposizione ora citata della Direttiva, secondo cui il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, che "comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto", giacche' non puo' ragionevolmente attribuirsi alcun significativo rilievo distintivo alla differenza lessicale tra la riduzione del costo del credito che e' "pari" a tutte le voci che compongono il costo totale del credito e la riduzione del costo totale del credito che "comprende" esattamente le medesime voci». Il conflitto tra le interpretazioni non comporta, pertanto, antinomia tra le disposizioni interpretate. Cio' rende non soltanto possibile, ma addirittura doverosa, nell'ottica della «leale cooperazione», l'interpretazione dell'art. 125-sexies, comma 1 TUB (ex decreto legislativo n. 141/2010) alla luce del criterio offerto dalla sentenza Lexitor. 3.6. L'art. 125-sexies TUB e' stato sostituito dall'art. 11-octies, comma 1, lettera c) del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 («Misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali», c.d. decreto Sostegni-bis), introdotto dalla legge di conversione n. 106 del 23 luglio 2021, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 24 luglio 2021 (n. 176) ed entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione. Del nuovo art. 125-sexies interessa, anzitutto, il comma 1, che nel testo modificato recita.: «Il consumatore puo' rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore e, in tal caso, ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte». La norma recepisce l'indicazione della sentenza Lexitor, riformulando in modo tecnicamente accurato il diritto del consumatore in caso di rimborso anticipato, considerando il «costo totale del credito» (salve le imposte) come oggetto e la «vita residua del contratto» come criterio della riduzione. Tuttavia, la riformulazione dell'enunciato normativo non si presenta nella veste di una interpretazione autentica, adesiva al dictum della sentenza della Corte di giustizia, ne' di un adeguamento a carattere retroattivo, poiche' la nuova disposizione «sostituisce» - e quindi abroga e non interpreta - il previgente art. 125-sexies e si applica soltanto «ai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». Nel novellato art. 125-sexies sono contenute svariate previsioni, alcune delle quali sono sicuramente innovative rispetto al passato e inapplicabili ai contratti anteriori. Il comma 2 riguarda il contenuto del contratto, in quanto tale non puo' applicarsi a contratti gia' sottoscritti, e prevede che il contratto indichi «in modo chiaro i criteri» per procedere alla riduzione proporzionale di interessi e oneri e indichi altresi' «n modo analitico se trovi applicazione il criterio della proporzionalita' lineare o il criterio del costo ammortizzato. Ove non sia diversamente indicato, si applica il criterio del costo ammortizzato». Il comma 3 riguarda il diritto di regresso del finanziatore nei confronti dell'intermediario del credito nel caso di rimborso anticipato, toccando un tema evidentemente inesplorato prima della sentenza Lexitor, anche in considerazione del fatto che il compenso dell'intermediario, essendo relativo a un'attivita' anteriore al contratto, era evidentemente irripetibile. La riformulazione del comma 1 dell'art. 125-sexies non manifesta con altrettanta evidenza la necessita' di porsi in discontinuita' rispetto al passato, anche in ragione del risultato attinto dalla giurisprudenza successiva alla Lexitor [paragrafo 3.5], e tuttavia anche in tal caso esiste un elemento testuale, che segna una forte discontinuita' tra passato e presente e non consente di disconoscere la scelta del legislatore di dichiarare, nel suo insieme, l'art. 125-sexies TUB novellato applicabile soltanto ai contratti sottoscritti successivamente alla sua entrata in vigore. L'elemento in questione consiste nel secondo periodo del comma 2 dell'art. 11-octies, dove e' previsto che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima del 25 luglio 2021 «continuano ad applicarsi» non soltanto la disposizione previgente, ma anche «le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d'Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti». La disposizione non contiene un rinvio formale a Banca d'Italia come fonte secondaria del diritto, ma un rinvio recettizio alle norme secondarie «di trasparenza e di vigilanza», gia' emanate e «vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti», delle quali il contenuto e' noto e viene integrato per relationem all'interno della norma primaria, proprio perche' ben conosciuto. Puo' apparire singolare che il legislatore abbia ritenuto di «potenziare» la legge con le disposizioni di Banca d'Italia, sia perche' queste sono subordinate alla norma primaria, sia e soprattutto perche' le disposizioni emanate, trattando come oggetto di restituzione soltanto «gli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata», sono sempre rimaste coerenti al principio, di intangibilita' dei diritti acquisiti, che puo' ricavarsi anche dalla lettura della norma primaria. Tuttavia, la giurisprudenza successiva alla sentenza Lexitor [paragrafo 3.5.], interpretando correttamente l'art. 125-sexies alla luce di questa importante pronuncia e del dato normativo allora esistente, ha ben messo in evidenza che la norma interna era «schiacciata» sulla corrispondente previsione della Direttiva, poteva quindi essere interpretata in conformita', senza ingenerare il caso-limite dell'interpretazione manifestamente contra legem, ed era permeabile, in definitiva, a interpretazioni difformi da quelle allora correnti nel diritto applicato: fatto non soltanto di leggi, ma anche di orientamenti dell'Autorita' di vigilanza e di prassi contrattuali seriali degli intermediari. L'integrazione nella norma primaria degli orientamenti di Banca d'Italia «vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti» ha dunque la funzione di far emergere, in modo manifesto e senz'altro con maggior chiarezza rispetto al passato, il conflitto tra i testi normativi dell'art. 125-sexies, comma 1 TUB (previgente) e l'art. 16, par. 1 Direttiva - e in definitiva anche tra i principi sottesi, da una parte l'intangibilita' dei diritti acquisiti dall'intermediario, dall'altra l'effettivita' dei diritti del consumatore - che in precedenza era latente e inavvertito, precludere la possibilita' di un'interpretazione conforme ai principi espressi da Lexitor, dare continuita' nel 2021, ma solo per il passato, alla distinzione corrente nel diritto applicato tra oneri irripetibili e ripetibili, seppure gia' rifiutata nel 2019 dalla Corte di giustizia. Detto altrimenti, con l'art. 11-octies, comma 2, lo Stato italiano s'e' reso post factum deliberatamente inadempiente alla Direttiva, creando un caso-limite nel quale l'autorita' giudiziaria, usando gli strumenti ordinari di interpretazione, riconosciuti dall'ordinamento, non e' piu' ragionevolmente in grado di interpretare l'art. 125-sexies TUB (ex decreto legislativo n. 141/2010), come integrato dall'art. 11-octies, comma 2 del decret-legge n. 73/2021, in conformita' alla corrispondente previsione della Direttiva, come interpretata dalla Corte di giustizia. Il conflitto tra le interpretazioni (Banca d'Italia vs. Corte di giustizia) genera qui una vera e propria antinomia, riguardo all'estinzione anticipata dei contratti anteriori al 25 luglio 2021. Come ha lucidamente osservato la decisione del Collegio di coordinamento ABF n. 21676 in data 15 ottobre 2021, la scelta del legislatore «di 'riportare all'indietro le lancette dell'orologio' per la disciplina intertemporale» corrisponde a una politica gradualistica che, mentre da un lato recepisce il principio della ripetibilita' del costo totale del credito per i contratti futuri, dall'altro si sforza di non frustrare, per «intuibili esigenze equitative, ... l'affidamento riposto dalle parti negli assetti contrattuali concordati secondo le indicazioni consolidate della giurisprudenza nazionale anteriore alla sentenza Lexitor». Oltre alla giurisprudenza, si possono menzionare, come fonti del legittimo affidamento sulla stabilita' degli assetti contrattuali, la messe di disposizioni, orientamenti e comunicazioni emessi da Banca d'Italia, la (relativa) equivalenza della soluzione legislativa italiana a quella di altri Paesi dell'Unione europea, il comportamento di acquiescenza della Commissione europea, che non ha aperto alcuna procedura di infrazione nei confronti dell'Italia o di altro Stato membro, per aver trasposto in modo inesatto la Direttiva, senza prevedere la ripetibilita' pro rata temporis del costo totale del credito. Anche altri Paesi dell'Unione europea, allo stato Germania e Austria, evidentemente anch'esse spiazzate dallo spostamento di enfasi dalla «restante durata» al «costo totale del credito», hanno agito per limitare la retroattivita' del principio espresso da Lexitor ed evitare un brusco trapasso da un principio (irripetibilita' degli oneri Upfront) a quello opposto (ripetibilita' pro rata temporis anche degli oneri Upfront). Riprendendo quanto scrive il Collegio di coordinamento, «valga qui il richiamo, in particolare, alla legge austriaca sul credito al consumo che al paragrafo 16, primo comma, prevedeva la riduzione, in caso di estinzione anticipata dei soli "costi dipendenti dalla durata del credito» e che, con legge 5 gennaio 2021 (art. 1, quinto comma) ha sostituito il richiamo con la espressione onnicomprensiva di «costi» e, nel contempo, con l'art. 1, sesto comma, n. 12, ha stabilito che tale nuova disposizione si applichi solo ai contratti conclusi dopo l'11 settembre 2019 (data della pronuncia Lexitor), «purche' estinti anticipatamente dopo il 31 dicembre 2020. Anche il codice civile tedesco prevedeva (al paragrafo 501) che la riduzione del costo del credito fosse limitata ai costi dipendenti dalla durata del credito. Con l'art. 1 della legge 9 giugno 2021 si e' pero' sostituito tale richiamo con il riferimento onnicomprensivo dei "costi", disponendosi nel contempo (art. 7) l'entrata in vigore della legge dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (cioe' dal 15 giugno 2021). Tutto cio' corrobora il convincimento che il nostro legislatore abbia proprio voluto, per esigenze di politica economica e di tutela del principio dell'affidamento, dettare una disciplina intertemporale conforme all'interpretazione che del vecchio testo dell'art. 125-sexies TUB, dava costantemente tutta la giurisprudenza anteriore alla sentenza Lexitor, cosi' apponendo un ostacolo insormontabile a una diversa interpretazione 'adeguatrice'». 3.7. L'impossibilita' dell'interpretazione conforme alla sentenza Lexitor puo' essere verificata anche alla luce dei pochi precedenti giurisprudenziali ad oggi usciti che, invece, hanno ritenuto di dover dare «continuita'» non al diritto applicato ante Lexitor, ma all'art. 125-sexies, comma 1 TUB interpretato alla luce di Lexitor, e quindi di dover retrocedere al consumatore una quota parte degli oneri Upfront. L'ordinanza, con cui il Collegio ABF di Roma in data 6 settembre 2021 ha rimesso al Collegio di coordinamento la questione di massima dell'interpretazione dell'art. 11-octies, decreto-legge n. 73/2021, tratta l'interpretazione del comma 2 di questa disposizione ai punti 12 ss. E' opinione del Collegio ABF che «gia' in via di principio, in nessun caso la normativa secondaria emanata (anche prima del 2019) dalla Banca d'Italia potrebbe porsi (o avrebbe potuto porsi, anche nel quadro normativo previgente) in contrasto con la corretta interpretazione dell'art. 125-sexies TUB sancita dalla Corte europea» (punto 15) e che «nessuna norma secondaria emanata dalla Banca d'Italia risulta in contrasto con l'applicazione dei principi di diritto enunciati dalla sentenza. Lexitor ai contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore del decreto "Sostegni-bis" (25 luglio 2021), essendosi le Istruzioni di vigilanza, anche nel quadro normativa previgente, fondamentalmente occupate della materia in discorso allo scopo di correggere alcune prassi degli intermediari, e per questo prescrivendo loro norme di trasparenza nella descrizione contrattuale dei costi del credito e dei relativi criteri di rimborso; ma mai norme conformative della sostanza del regolamento contrattuale dei finanziamenti (punto 16). Semmai, e viceversa, quando la Banca d'Italia ha indicato, seppure non prescritto, agli intermediari, quale potesse essere l'assetto contrattuale preferibile sulla materia ora in discorso, le sue comunicazioni, raccomandazioni e linee orientative si sono chiaramente indirizzate verso l'adozione di schemi tariffari che assicurassero - tramite una clausola cd. "tutto-TAN" - un rimborso di tutti i costi legati del finanziamento, in caso di sua estinzione anticipata. Gia' in allora, pertanto, in termini pienamente conformi alla sentenza Lexitor» (punto 17). Il primo argomento verte sulla gerarchia delle fonti e si sostanzia nell'affermazione della subordinazione della normativa secondaria all'art. 125-sexies TUB e nella conseguente necessita', di fronte a un'antinomia, di disapplicare la norma secondaria perche' incompatibile con l'art. 125-sexies, se correttamente interpretato in conformita' alla Lexitor. L'argomento vale, se si considera il dato normativo ex decreto legislativo n. 141/2010, ma perde di efficacia, guardando invece all'art. 125-sexies come riscritto e potenziato dall'art. 11-octies, comma 2, decreto-legge n. 73/2021, che ha evidentemente integrato nella norma primaria proprio la formazione secondaria di Banca d'Italia, gia' emanata e vigente. Tra l'art. 125-sexies e quelle disposizioni non esiste piu', per conseguenza, un rapporto gerarchico, ma l'uno e le altre devono essere lette congiuntamente, al fine di verificare la perdurante possibilita' di interpretazione conforme. Il secondo argomento verte sui contenuti delle disposizioni, tentando di offrirne un'interpretazione in continuita' anziche' di rottura con Lexitor, valorizzando nella messe delle disposizioni, comunicazioni e orientamenti di Banca emanate in quasi un decennio quelle che, in qualche misura, anticipano Lexitor e il principio della ripetibilita' pro rata temporis del costo totale del credito. Questo pur suggestivo argomento tralascia, tuttavia, di considerare il senso ultimo dell'integrazione della normazione secondaria di Banca d'Italia all'interno della norma di legge, consistente nel recepire il valore tassonomico della distinzione tra oneri Upfront e Recurring, a cui [paragrafo 3.2.] Banca d'Italia e' rimasta sempre fedele, limitandosi a raccomandare agli intermediari comportamenti corretti, trasparenti e rispettosi degli interessi del cliente e al limite ad auspicare il superamento in via di fatto della distinzione tra oneri ripetibili e irripetibili, attraverso il modello «tutto interessi». Cfr. la delibera n. 145/2018, «Operazioni di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione. Orientamenti di vigilanza», citata anche dal Collegio di coordinamento dell'ABF (n. 21676 del 15 ottobre 2021), dove al paragrafo 62 la distinzione tra oneri Recurring e Upfront e' testualmente ribadita: «In caso di richiesta di estinzione anticipata del finanziamento da parte del cliente, gli intermediari devono fornire tempestivamente i necessari conteggi estintivi; essi devono evidenziare in modo chiara e comprensibile almeno il residuo da corrispondere, le rate pagate e quelle ancora non pagate (evidenziando quelle in scadenza e quelle gia' scadute in relazione al piano di ammortamento [...]), l'ammontare degli oneri gia' corrisposti che formeranno oggetto di restituzione e quelli che invece, avendo natura Upfront, non saranno restituiti». Lo sforzo di interpretazione dell'art. 11-octies comma 2, in continuita' con Lexitor, per quanto apprezzabile, trova infine un insuperabile limite logico nella considerazione che, se il novellato art. 125-sexies ha stabilito in modo non equivoco la piena applicazione del principio di Lexitor, una disposizione ad hoc per i contratti anteriori, che riprende il testo anteriore e lo integra per giunta con le norme secondarie di Banca d'Italia, in tanto puo' avere senso logico, in quanto marchi una differenza sostanziale rispetto al principio di Lexitor e quindi escluda dal perimetro della ripetizione una parte apprezzabile del costo totale del credito. 3.8. Il Tribunale di Savona, con sentenza 15 settembre 2021, n. 680, ripresa adesivamente anche dalla decisione gia' esaminata sub paragrafo 7 del Collegio ABF di Roma, ha argomentato la retrocessione al consumatore di una quota di oneri Upfront, dandosi un'alternativa secca: «o si ritiene che del nuovo art. 125-sexies TUB sia possibile un'interpretazione conforme alla normativa europea ed alla giurisprudenza della Corte europea di Giustizia ed in continuita' rispetto all'interpretazione gia' offerta dalla giurisprudenza formatasi precedentemente al 25 luglio 2021 oppure a fronte dell'evidente contrasto fra diritto interno e diritto unionale non potrebbe che procedersi alla parziale disapplicazione dell'art. 11-octies, legge n. 106/2021 (per l'affermazione di tale principio, ancorche' in ambiti differenti, cfr. Consiglio di Stato, sezione V, 11 marzo 2021, n. 2087; Tribunale amministrativo regionale di Firenze, sezione II, 8 marzo 2021, n. 363; Tribunale amministrativo regionale di Lecce, sezione I, 2 luglio 2019, n. 1137)». L'alternativa non esaurisce pero' lo spettro delle possibilita' date dal diritto europeo e interno. In primo luogo, il principio dell'interpretazione conforme trova il suo limite in una norma di diritto interno che, secondo tutti i canoni interpretativi, risulti confezionata con un testo chiaro e inequivoco, sia pur potenzialmente conflittuale con la disciplina europea. Se e' vero che il giudice puo' presumere che lo Stato membro abbia esercitato la discrezionalita' di cui disponeva nel rispetto degli obiettivi della Direttiva, tale presunzione cede di fronte alla stringente evidenza del contrario. In secondo luogo, il potere-dovere del giudice di non applicare la disposizione di diritto interno, nei limiti in cui essa risulti incompatibile con quella unionale, e' subordinato alla condizione che la norma UE abbia efficacia diretta nell'ordinamento dello Stato membro, poiche' soltanto in tal caso il giudice puo' risolvere l'antinomia, applicando la norma di diritto europeo, anziche' il diritto interno. La materia dell'effetto diretto della Direttiva e' ormai consolidata nella giurisprudenza e si puo' qui soltanto accennare, rinviando ai precedenti della Corte di giustizia UE e della Cassazione per una piu' estesa trattazione. Senza pretesa di completezza, deve dirsi che la Direttiva puo' avere efficacia diretta nell'ordinamento dei singoli stati membri, soltanto dopo che e' scaduto il termine di recepimento, se contiene disposizioni «incondizionate e sufficientemente precise» (Cassazione 25 febbraio 2004 n. 3762; Corte giustizia 5 ottobre 2004, n. C-397-403/01, Pfeiffer), dalle quali derivi un diritto azionabile nei confronti dello Stato inadempiente. Quest'ultima condizione introduce la distinzione tra efficacia verticale della Direttiva, nelle controversie tra un soggetto privato e lo Stato - sia pure inteso lo Stato nella nozione ampia accolta dalla giurisprudenza comunitaria -, e l'inefficacia orizzontale della stessa, seppure dettagliata e precisa, nelle controversie tra soggetti privati. Cfr. tra molte Corte di giustizia UE 14 settembre 2000 (in causa C-343/98, Collino e Chiappero), 24 ottobre 2002 (in causa C-233/01, RAS) che enunciano il principio di diritto che «una Direttiva di per se' non puo' creare obblighi a carico di un singolo e non puo' quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso». Cfr. ancora Pfeiffer: «anche una disposizione chiara, precisa ed incondizionata di una Direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai privati non puo' essere applicata come tale nell'ambito di una controversia che ha luogo esclusivamente tra privati». In tal senso, e' anche la stabile giurisprudenza di legittimita' (tra molte, Cassazione 14 settembre 2009, n. 19771; Cassazione 25 febbraio 2004, n. 3762). Resta evidentemente salva, ma si muove su un piano differente dalla diretta applicazione nell'ordinamento interno, la valenza della Direttiva come canone privilegiato di interpretazione che il giudice nazionale e' tenuto a osservare, salvo il caso limite della manifesta contrarieta' a legge [paragrafo 3.4.]. Quando le strade dell'interpretazione in conformita' alla norma europea e della non applicazione della norma interna difforme sono entrambe chiuse, per l'eliminazione della disposizione contraria al diritto dell'Unione europea e' necessario il promovimento della questione di legittimita' costituzionale, specificamente per violazione degli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione. Cfr. tra molte Corte costituzionale 13 novembre 2013, n. 267: «nell'ambito di un giudizio in via incidentale, le norme comunitarie possono costituire elementi integrativi del parametro di costituzionalita' di cui all'art. 117, comma 1, della Costituzione, soltanto se tali norme siano prive di effetto diretto». Egualmente, in precedenza, vedi Corte costituzionale (ord.) 18 luglio 2013, n. 207: «quando davanti alla Corte costituzionale pende un giudizio di legittimita' costituzionale per incompatibilita' con le norme comunitarie, queste ultime, se prive di effetto diretto, rendono concretamente operativi i parametri di cui agli art. 11 e 117, comma 1, della Costituzione». 3.9. Come anzidetto [paragrafo 3.6], la plausibile ragione della scelta legislativa, di intervenire sull'art. 125-sexies TUB riscrivendolo per il futuro e per il passato, da un lato recependo integralmente il principio della ripetibilita' del costo totale del credito, dall'altro limitando tale recezione ai soli contratti futuri, consiste nella salvaguardia dell'affidamento degli intermediari e degli altri professionisti coinvolti circa l'irripetibilita' dei costi anteriori alla sottoscrizione del contratto e indipendenti dalla sua durata, nel caso di rimborso anticipato del capitale - principio pur temperato dai principi di trasparenza e correttezza nelle relazioni tra intermediari e consumatori. Guardando la questione dal punto di vista del consumatore, la sentenza Lexitor amplia il perimetro dei costi su cui il consumatore poteva ragionevolmente fare affidamento ai fini della riduzione del costo totale del credito, secondo il diritto applicato in Italia fino ad allora, di modo che appare difficile supporre che la disposizione impugnata frustri l'affidamento del consumatore, almeno per i contratti conclusi prima della pubblicazione della sentenza Lexitor. Cio' malgrado, non rientra nella discrezionalita' del singolo stato membro la limitazione dell'efficacia nel tempo di una Direttiva o, in termini equivalenti, della sentenza della Corte di giustizia che determina i limiti in cui le norme della Direttiva hanno efficacia e devono essere applicate, nemmeno se la scelta dello Stato viene giustificata sotto il profilo del rispetto della certezza del diritto e della tutela dell'affidamento legittimo, poiche' una tale scelta unilaterale contraddice «l'esigenza fondamentale dell'applicazione uniforme e generale del diritto comunitario», la quale implica che sia, invece, riservato alla Corte di «decidere sulle limitazioni nel tempo da apportare all'interpretazione che essa fornisce» (Corte di giustizia UE, 2 febbraio 1988, in causa 309/85, Barra, punti 12-13), secondo una valutazione caso per caso, diretta ad accertare quando esistano «situazioni eccezionali» in cui la retroattivita' della pronuncia puo' provocare il rischio di «gravi inconvenienti» e frustrare la «buona fede degli ambienti interessati» (Corte di giustizia UE 23 maggio 2000, causa C-104/98, Buchner e al., punto 39; Corte di giustizia UE 28 settembre 1994, causa C57/93, Vroege, punto 21). Secondo una massima piu' volte ripetuta, il discostamento della Corte dalla naturale retroattivita' delle proprie sentenze potrebbe ammettersi «solo nella stessa sentenza che statuisce sull'interpretazione richiesta» (Barra, cit., punti 12-13; nel medesimo senso Vroege, cit., punto 31; Corte di giustizia UE, 16 luglio 1992, causa C-163/90, Legros e al., punto 30). Evidentemente, la Corte di giustizia UE non ha limitato l'efficacia nel tempo della ripetibilita' del costo totale del credito con la sentenza Lexitor stessa e non risulta che sia allo stato ritornata sull'interpretazione dell'art. 16, par. 1 Direttiva neppure in seguito. Il significato e la portata dell'enunciato della Direttiva che funge, nel presente caso, da parametro integrativo delle norme costituzionali possono quindi ritenersi stabiliti nei termini di cui alla sentenza Lexitor, ferma la possibilita' che l'Ecc.ma Corte adita, avendo natura di «giurisdizione nazionale» ex art. 267, comma 3 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea anche nei giudizi di legittimita' in via incidentale, proponga nuove questioni pregiudiziali, secondo il principio che essa ha gia' espresso nell'ordinanza 18 luglio 2013, n. 207. 3.10. In conclusione. l'art. 11-octies (primo comma, lettera c) ha recepito il principio di Lexitor, introducendo il novellato art. 125-sexies TUB che enuncia il diritto del consumatore a calcolare la riduzione sul costo totale del credito, in proporzione alla residua durata del contratto al momento del rimborso anticipato. Appare ininfluente l'esclusione delle imposte dal perimetro dei costi rilevanti, trattandosi di una voce del costo totale del credito (cfr. art. 3 Direttiva e art. 121 TUB) che l'intermediario a sua volta versa all'Erario ed e' di peso normalmente trascurabile, nel coacervo dei costi. La sentenza della Corte di giustizia non consente, tuttavia, a uno stato membro di limitare a propria discrezione l'efficacia nel tempo dell'interpretazione fornita all'art. 16, par. 1 della Direttiva. Pertanto, sia la limitazione del recepimento di Lexitor ai soli contratti successivi al 25 luglio 2021 (secondo comma, primo periodo), sia la riformulazione del previgente art. 125-sexies (secondo comma, secondo periodo) che ha l'effetto di rendere ragionevolmente impossibile all'autorita' giudiziaria di continuare a interpretare l'art. 125-sexies TUB secondo il principio di Lexitor [paragrafo 3.6.], con riguardo ai contratti anteriori al 25 luglio 2021, appaiono in violazione della Direttiva, come interpretata dalla Corte, e mediatamente anche degli articoli 11 e 117 primo comma della Costituzione. Anche a seguire, comunque, il diverso indirizzo giurisprudenziale che non ammetteva la possibilita' di un'interpretazione dell'art. 125-sexies (previgente) secondo il principio espresso dalla Corte di giustizia, resta il fatto che l'attuale testo dell'art. 125-sexies TUB recepisce chiaramente la sentenza e che il comma 2 dell'art. 11-octies, introducendo una differenza di trattamento non giustificata dalle fonti europee, tra contratti anteriori e successivi al 25 luglio 2021, risulta discriminatorio e sospetto di illegittimita' costituzionale anche ai sensi dell'art. 3 della Costituzione. Il secondo periodo del secondo comma non puo' essere, evidentemente, mantenuto in alcuna sua parte essendo in radicale conflitto con le fonti europee (art. 16 Direttiva, Lexitor), mentre il primo periodo del secondo comma deve ritenersi costituzionalmente illegittimo nella parte in cui limita ai contratti sottoscritti successivamente all'entrata in vigore della legge il principio, espresso nell'art. 16, par. 1 della Direttiva n. 2008/48/CE, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in data 11 settembre 2019 C-383/18, e recepito nel novellato art. 125-sexies, comma 1 TUB che «il consumatore che rimborsa anticipatamente, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte». La questione e' infine evidentemente rilevante ai fini della decisione, poiche' il contratto oggetto di causa e' stato concluso nella vigenza della Direttiva n. 2008/48/CE, ma anteriormente al 25 luglio 2021, ed e' stato estinto anticipatamente dal consumatore con rimborso integrale del capitale. Dall'accoglimento della presente questione dipende quindi l'esistenza del diritto alla ripetibilita' pro rata temporis degli oneri Upfront, che e' lo specifico oggetto della domanda.