TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
                        Sezione prima civile 
 
    Nella causa R.G. 8797/2021 tra 
      Melone Gianmaria, nato  a  Milano  il  28  marzo  1958  (codice
fiscale  MLNGMR58C28F205E),  ai   fini   della   presente   procedura
rappresentato e difeso per procura unita al ricorso dall'avv. Massimo
De Vincenzo del Foro di Milano; 
      Vivibanca  S.p.a.  (codice  fiscale   e   partita   I.V.A.   n.
04255700654, con sede in Torino, via Giolitti n. 15,  ai  fini  della
presente procedura rappresentata e  difesa  per  procura  unita  alla
comparsa di risposta dagli avv. Marco Pesenti ed Edoardo  Natale  per
procura ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Torino,
corso Francia n. 25. 
 
               Ordinanza di promovimento del giudizio 
          di legittimita' costituzionale in via incidentale 
 
    Il giudice, sciogliendo la riserva che  precede,  osserva  quanto
segue. 
1. Fatti rilevanti. 
    I  seguenti  dati  di  fatto,  rilevanti  in  causa,   sono   non
controversi o provati per documenti. 
    L'attore ha  sottoscritto  con  TerFinance  (oggi  Vivibanca)  un
contratto di prestito personale  contro  cessione  del  quinto  dello
stipendio, n. 27899, in data 16 ottobre 2014, con decorrenza dicembre
2014 e durata fino a novembre 2024, con n. 120 rate mensili  ciascuna
di euro 264,00 (doc. 1 att.) 
    Il contratto e' stato  estinto  anticipatamente  dal  consumatore
dopo il  pagamento  della  rata  di  maggio  2019,  con  il  rimborso
integrale in unica soluzione del debito  residuo.  Nel  conteggio  di
estinzione  (doc.  2  att.),   l'intermediario   ha   addebitato   la
commissione di estinzione anticipata, e cio'  non  forma  oggetto  di
causa, e stornato gli interessi  scalari  sul  debito  residuo  e  le
commissioni di gestione. 
    Dopo l'estinzione anticipata, l'attore  ha  proposto  reclamo  in
data 18 ottobre 2019 (doc. 4 att.), contestando che il calcolo  fatto
al momento dell'estinzione anticipata non rispettava il criterio  pro
rata temporis applicato dall'Arbitro Bancario Finanziario e, in  ogni
caso,  chiedendo  applicarsi  la  sentenza  Lexitor  della  Corte  di
giustizia dell'Unione europea  (11  settembre  2019,  c-383/18),  che
richiede  di  calcolare  il  diritto  alla  riduzione  spettante   al
consumatore, in caso di estinzione anticipata, sul costo  totale  del
credito, compresi dunque gli oneri  anteriori  alla  conclusione  del
contratto (Upfront), che la banca non aveva tenuto in considerazione. 
    A seguito del  riscontro  negativo  al  reclamo  (doc.  5  att.),
l'attore ha presentato ricorso  all'ABF  in  data  24  gennaio  2020,
riproponendo  le  stesse   richieste.   In   data   17   marzo   2020
l'intermediario ha volontariamente versato al ricorrente  un  assegno
integrativo, a titolo di parziale rimborso, ma ha  resistito  per  il
resto   alla   pretesa,   contestando   la   diretta   applicabilita'
all'ordinamento interno  della  Direttiva,  come  interpretata  dalla
sentenza  Lexitor  della  Corte,  in  quanto   priva   di   efficacia
orizzontale (i.e. nei rapporti tra privati). 
    Il Collegio ABF di Milano, preso atto del versamento parziale, ha
accolto parzialmente il ricorso, con decisione in data 5 giugno  2020
(doc.  7),  attenendosi  ai  criteri  della  sentenza  Lexitor,  come
recepiti dalla decisione del Collegio di  coordinamento  dell'Arbitro
Bancario Finanziario del 17 dicembre 2019, n. 26525 (doc. 8 att.). 
    L'intermediario,  tuttavia,  ha  rifiutato  di  dare   volontaria
esecuzione  alla  decisione  dell'ABF,   dandone   comunicazione   al
ricorrente e alla segreteria dell'Arbitro Bancario, con comunicazione
a mezzo Pec in data 7 luglio 2020 (doc. 9 att.). 
    L'attore ha adito questo Tribunale con ricorso  ex  art.  702-bis
del codice di  procedura  civile,  chiedendo  la  liquidazione  delle
maggiori somme dovutegli  in  applicazione  della  sentenza  Lexitor,
mentre il finanziatore s'e' costituito in  giudizio.  Nel  corso  del
giudizio, e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  la  legge  23
luglio  2021,  n.  106,  che  ha  convertito   con   emendamenti   il
decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 e che, in  particolare,  all'art.
11-octies, ha regolato la materia oggetto del  presente  giudizio.  A
verbale di udienza del 14 settembre 2021, il giudice ha  invitato  le
parti alla discussione della lite, anche sotto il profilo  dello  Ius
superveniens e segnalato la questione di legittimita'  costituzionale
della nuova normativa per violazione dell'art. 11 della Costituzione. 
2. Profilo sintetico della questione. 
    Secondo la normativa dell'Unione europea relativa ai contratti di
credito ai consumatori, in particolare la seconda Direttiva 23 agosto
2008, n. 2008/48/CE relativa ai contratti di credito  ai  consumatori
(d'ora in avanti anche la «Direttiva»), «il consumatore ha il diritto
di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi
che gli derivano dal contratto di  credito.  In  tal  caso,  egli  ha
diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che  comprende
gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del  contratto»
(art. 16, par. 1). 
    La seconda Direttiva e' stata recepita con il decreto legislativo
13 agosto 2010, n. 141, che ha modificato in parte qua il testo unico
bancario (decreto del Presidente della Repubblica 1° settembre  1993,
n. 385), dove il diritto del consumatore a estinguere anticipatamente
il  contratto  e'  disciplinato  dall'art.  125-sexies   (comma   1),
formulato in termini quasi identici all'art. 16, par.  1,  Direttiva:
«il consumatore puo' rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento,
in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In  tale  caso
il consumatore ha diritto  a  una  riduzione  del  costo  totale  del
credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti  per  la
vita residua del contratto». 
    La controversia all'odierno esame verte sulla misura del  diritto
alla riduzione. Il  motore  della  controversia  consiste  non  tanto
nell'unica  differenza  tra  le  due  disposizioni  («comprende   gli
interessi e i costi dovuti ecc.»; «pari all'importo degli interessi e
dei costi dovuti ecc.»), che  e'  obiettivamente  modesta,  ma  nello
spostamento dell'enfasi dai «costi dovuti per  la  vita  residua  del
contratto» al «costo totale del credito»,  che  si  e'  verificato  a
seguito della nota sentenza  della  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea (dell'11 settembre 2019, C-383/18, Lexitor). 
    Il  principio  espresso  dalla  Lexitor  e'  piu'  favorevole  al
consumatore, perche' considera ai fini del calcolo della misura della
riduzione, da operarsi in proporzione (pro rata temporis) alla durata
residua del contratto, il costo totale del credito, compresi i  costi
anteriori alla sottoscrizione  del  contratto  e  indipendenti  dalla
durata  del  contratto  (c.d.  oneri Upfront,  ad  es.   istruttoria,
provvigioni di agenzia ecc.), anziche' la  sola  frazione  dei  costi
dipendenti dalla durata del  contratto  (c.d.  oneri  Recurring)  non
maturata al momento del rimborso anticipato del  capitale  [paragrafo
3.3.] 
    Il diritto applicato in Italia, e  anche  in  altri  ordinamenti,
fino  a  Lexitor,  prevedeva  tuttavia,  non   soltanto   sul   piano
legislativo, quanto anche  della  normazione  secondaria  emanata  da
Banca  d'Italia,  degli  orientamenti  e  comunicazioni  espresse  da
quest'ultima  autorita'  ecc.,  la  ripetibilita'  dei   soli   oneri
Recurring non maturati al momento del rimborso del capitale: pertanto
s'e'  trovato  in  latente  conflitto  con  la  sentenza  Lexitor  e,
mediatamente, con lo stesso art. 16,  par.  1,  Direttiva  [paragrafo
3.1. e 3.2.]. 
    Dopo  Lexitor,  parte  significativa  della  giurisprudenza  -  a
partire dall'autorevole  precedente  del  Collegio  di  coordinamento
dell'ABF dell'11 dicembre 2019 -, alla  luce  del  dovere  di  «leale
cooperazione» e dell'obbligo delle autorita' degli  stati  membri  di
interpretare le norme  di  diritto  interno  in  modo  conforme  alla
Direttiva, nei limiti delle possibilita' offerte dagli ordinari mezzi
interpretativi, ha applicato il principio di diritto  espresso  dalla
Corte di giustizia, ritenendolo non manifestamente incompatibile  con
il testo dell'art. 125-sexies, comma 1 del  TUB  che,  a  sua  volta,
riproduceva  senza   apprezzabili   scostamenti   la   corrispondente
previsione della Direttiva, su cui era caduta l'interpretazione della
Corte di giustizia [paragrafo 3.4. e 3.5.]. 
    Alla  sentenza,  il  legislatore  italiano  ha  reagito  con   un
emendamento contenuto nella legge di  conversione  (legge  23  luglio
2021, n. 106) del decreto-legge Sostegni-bis (decreto-legge 25 maggio
2021, n. 73), recependo il principio espresso dalla sentenza  Lexitor
- la ripetibilita' pro rata temporis del costo totale del credito  -,
limitandone pero' l'efficacia nel tempo ai soli contratti  successivi
all'entrata in vigore della legge (25 luglio 2021)  e  mantenendo  al
contempo fermo lo status quo ante - e  quindi  la  ripetibilita'  dei
soli costi Recurring non maturati - per i contratti anteriori  al  25
luglio 2021 [paragrafo 3.61. 
    Il mantenimento dello status quo ante ha l'evidente  funzione  di
salvaguardare il legittimo affidamento degli intermediari  finanziari
e  dei  professionisti  operanti  nel  settore   (agenti,   mediatori
creditizi), conseguente agli orientamenti espressi dall'Autorita'  di
vigilanza, alla diffusione di regole analoghe in altri  Paesi  membri
dell'Unione, alla mancanza di procedure di infrazione,  aperte  dalla
Commissione europea  nei  confronti  dell'Italia  o  di  altro  stato
membro, per inesatta  o  incompleta  trasposizione  del  diritto  del
consumatore alla riduzione del costo del credito [paragrafo 3.6.]. 
    In  disparte  ogni  valutazione  politica  sulla  razionalita'  e
ragionevolezza di una gestione ordinata della  transizione,  evitando
un passaggio brusco  da  un  principio  (intangibilita'  degli  oneri
Upfront) al suo opposto (ripetibilita'  pro-rata  anche  degli  oneri
Upfront), non soltanto in funzione dei diritti  del  consumatore  nei
confronti dell'intermediario, ma anche ad es. dell'intermediario  nei
confronti della propria rete distributiva e  non  pare  un  caso  che
altri Stati membri abbiano  adottato  un  regime  intertemporale  per
limitare la retroattivita' degli effetti di Lexitor  [paragrafo  3.6]
-,  si  deve  dubitare  che  uno  stato  membro   abbia   il   potere
discrezionale di modulare unilateralmente nel  tempo  l'efficacia  di
una Direttiva o, in termini equivalenti, di una sentenza della  Corte
di giustizia UE che interpreta una Direttiva,  fuori  dalle  facolta'
concesse dalla Direttiva o  dalla  sentenza  stessa  o  di  un  nuovo
negoziato post factum in sede europea. 
    In  particolare,  le  decisioni  della  Corte  di  giustizia   su
questioni pregiudiziali interpretative  hanno  normalmente  efficacia
retroattiva,  limitandosi   a   dichiarare   il   significato   della
disposizione interpretata, e appartiene alla sola Corte, che provvede
con valutazione caso per caso, la  facolta'  di  limitare  nel  tempo
l'efficacia  dell'interpretazione  che  essa  fornisce.  Secondo  una
massima giurisprudenziale ripetuta, la Corte  di  giustizia  potrebbe
esercitare questo potere soltanto con la  stessa  pronuncia  con  cui
rende l'interpretazione. In ogni caso, e' evidente che  la  Corte  di
giustizia UE non ha limitato l'efficacia nel tempo  dei  principi  di
Lexitor con la sentenza stessa e nemmeno in seguito [paragrafo 3.9.] 
    Pertanto, la disposizione di legge qui impugnata (art. 11-octies,
comma  2  del  decreto-legge  25  maggio  2021,  n.  73)  toglie   al
consumatore il diritto attribuitogli dall'art.  125-sexies,  comma  1
TUB (nel testo originario), interpretato in  conformita'  alle  fonti
europee e radicalizza il conflitto tra ordinamento italiano e diritto
UE gia' esistente, in forma latente, all'indomani della Lexitor.  Per
questo motivo, la disposizione appare censurabile  sotto  il  profilo
della  legittimita'  costituzionale  perche'  in   violazione   degli
articoli 11 e 117 primo comma della Costituzione, integrati dall'art.
16, par. 1, Direttiva n. 2008/48/CE, nell'interpretazione della Corte
di giustizia [paragrafo 3.6.]. 
    Il promovimento della questione di legittimita' costituzionale in
via incidentale  non  e'  eludibile,  nonostante  contrarie  opinioni
giurisprudenziali. In primo  luogo,  la  disposizione  impugnata  non
presenta margini, che ne consentano l'interpretazione in  conformita'
a Lexitor, e il dovere di leale cooperazione  previsto  dal  Trattato
sull'Unione europea non si spinge fino al punto da imporre al giudice
di uno stato membro un'interpretazione non consentita dagli strumenti
ermeneutici del suo diritto interno, ne' manifestamente contra  legem
[paragrafo 3.7. e  3.8].  In  secondo  luogo,  non  e'  possibile  la
risoluzione dell'antinomia, mediante la  non  applicazione  dell'art.
11-octies, comma 2, decreto-legge n. 73/2021 e l'applicazione in  sua
vece dell'art. 16, par. 1, Direttiva, come interpretato  dalla  Corte
di  giustizia,  poiche'   la   Direttiva,   regolando   un   rapporto
esclusivamente  inter-privato,  non  ha  efficacia  diretta,  che  e'
condicio sine qua non affinche' il giudice di uno stato membro  possa
disapplicare il diritto interno [paragrafo 3.8]. 
    In  conclusione,  gli  atti  devono  essere  rimessi  alla  Corte
costituzionale, per violazione delle norme  parametro  sopra  citate,
affinche'  dichiari  l'illegittimita'  dell'art.  11-octies,  secondo
comma, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (convertito  in  legge
23 luglio 2021, n.  106),  nelle  parti  in  cui  prevede  che  «alle
estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data  di
entrata in vigore della legge di  conversione  del  presente  decreto
continuano ad applicarsi le  disposizioni  dell'art.  125-sexies  del
testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le  norme
secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza
della Banca d'Italia  vigenti  alla  data  della  sottoscrizione  dei
contratti»  e  limita  ai  contratti   sottoscritti   successivamente
all'entrata in vigore della legge il  principio,  espresso  nell'art.
16, par. 1 della Direttiva n.  2008/48/CE,  come  interpretata  dalla
sentenza della Corte di giustizia  dell'Unione  europea  in  data  11
settembre  2019  C-383/18,   che   «il   consumatore   che   rimborsa
anticipatamente,  in  tutto  o  in   parte,   l'importo   dovuto   al
finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale  alla
vita residua del contratto,  degli  interessi  e  di  tutti  i  costi
compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte» [paragrafo
3.10]. 
    La questione e' evidentemente rilevante ai fini della  decisione,
poiche' il contratto oggetto di causa e' stato concluso nella vigenza
della Direttiva n. 2008/48/CE, ma anteriormente al 25 luglio 2021, ed
estinto anticipatamente dal consumatore con  rimborso  integrale  del
capitale. Dall'accoglimento della presente questione  dipende  quindi
l'esistenza del diritto alla ripetibilita' pro  rata  temporis  degli
oneri Upfront, che e' oggetto della domanda [paragrafo 3.10.]. 
3. Analisi della questione. 
    3.1. La misura  del  diritto  alla  riduzione,  per  il  caso  di
rimborso anticipato, e' stata oggetto della normazione secondaria  di
Banca d'Italia, destinata agli intermediari bancari e  finanziari,  a
partire dalle «Disposizioni di  trasparenza  dei  servizi  bancari  e
finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari  e  clienti»
del 29 luglio 2009, e in particolare dalla revisione del  9  febbraio
2011. Secondo  tali  disposizioni,  «nei  contratti  di  credito  con
cessione  del  quinto  dello  stipendio  o  della  pensione  e  nelle
fattispecie assimilate, le modalita' di calcolo della  riduzione  del
costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in  caso  di
estinzione  anticipata  includono  l'indicazione  degli   oneri   che
maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti
per  la  parte  non  maturata,  dal  finanziatore  o  da  terzi,   al
consumatore,  se  questi  li  ha   corrisposti   anticipatamente   al
finanziatore» (Sezione VII, Credito ai consumatori, paragrafo  5.2.1,
in nota). Una previsione analoga si legge in  sezione  XI,  requisiti
organizzativi, paragrafo 2 in nota. «L'indicazione  degli  oneri  che
maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti
per la parte non maturata» implica evidentemente l'esistenza di oneri
irripetibili,  perche'   relativi   ad   attivita'   anteriori   alla
sottoscrizione del contratto, e di oneri astrattamente ripetibili, ma
di cui non sussistono le condizioni  per  lo  sgravio,  perche'  gia'
maturati alla data del rimborso anticipato. 
    L'interpretazione di Banca  d'Italia  puo'  essere  elaborata  in
questi termini. Oggetto del diritto alla riduzione sono  interessi  e
costi non ancora maturati alla data dell'estinzione  anticipata.  Gli
interessi maturano  giorno  per  giorno,  come  frutti  del  capitale
concesso  in  godimento  e  cessano  di  prodursi  con  il   rimborso
anticipato. Gli altri oneri e  costi  consistono  nel  riaddebito  al
consumatore di una spesa fatta dall'intermediario  per  suo  conto  o
nella remunerazione di un'attivita'  propria  dell'intermediario.  La
maturazione  coincide,  in  tal  caso,  con   il   compimento   della
prestazione remunerata, sia  essa  funzionale  alla  conclusione  del
contratto  (istruttoria,  mediazione  creditizia  ecc.)  o  alla  sua
esecuzione (elaborazioni  e  comunicazioni  in  corso  di  contratto,
prestazione  della  copertura  assicurativa  ecc.).  Le   spese   che
riguardano attivita' fatte prima del contratto non possono, pertanto,
essere mai rimborsate (ad es. spese di istruttoria, perizia, compenso
del mediatore creditizio o dell'agente), mentre quelle che  dipendono
dall'esecuzione sono oggetto di sgravio, o di rimborso se anticipate,
se la prestazione non ha avuto luogo in  conseguenza  dell'estinzione
anticipata. 
    L'art. 125-sexies TUB (ex decreto legislativo 141/2010»  consente
questa lettura, se si riconosce un ruolo centrale agli  «interessi  e
costi dovuti». Considerando che l'interesse  e'  «dovuto»  dal  tempo
della maturazione o scadenza (cfr. art. 1283 del codice civile) e che
gli altri oneri egualmente possono  ritenersi  «dovuti»  quando  sono
verificate le condizioni per la loro esigibilita' e che la  riduzione
deve misurarsi sui costi «dovuti per la vita residua  del  contratto»
e' evidente che i costi anteriori all'estinzione del  contratto  sono
irripetibili. 
    Al di la' della pura sistemazione concettuale,  l'irripetibilita'
di una parte del costo totale del credito e' anche  coerente  con  un
principio di diritto civile, ossia che lo scioglimento anticipato del
contratto, per recesso  libero  di  una  delle  parti,  non  dovrebbe
normalmente  pregiudicare  i  diritti  gia'  acquisiti,   nel   corso
dell'esecuzione anteriore al recesso [cfr. art.  1373,  comma  2  del
codice civile] e tanto meno quelli anteriori al contratto stesso. 
    3.2.  La  linearita'  della  distinzione  tra  oneri  Upfront   e
Recurring  non  ha  impedito  agli  intermediari  prassi  commerciali
scorrette, stigmatizzate negli orientamenti  di  vigilanza  di  Banca
d'Italia, quali il caricamento in misura rilevante della quota  delle
commissioni Upfront, una ripartizione  delle  commissioni  tra  quota
Upfront e  Recurring,  sovente  non  supportata  da  una  dettagliata
analisi  dei  costi  e  caratterizzata  da  uno  sbilanciamento   nei
confronti della prima, la distinzione poco chiara, nell'ambito  degli
oneri posti a carico del cliente,  tra  componenti  di  costo  dovute
all'intermediario  e   componenti   di   costo   dovute   alla   rete
distributiva, la duplicazione di commissioni a fronte di una medesima
attivita',  l'ambiguita'  nel  discriminare  tra  costi   Upfront   e
Recurring, con conseguente ingiustificato  innalzamento  del  livello
complessivo dei costi e sottovalutazione  degli  importi  oggetto  di
restituzione in caso di rimborso anticipato del capitale. 
    Pur stigmatizzando le prassi scorrette e valorizzando come  buona
pratica di mercato gli schemi tariffari  che  incorporano  nel  tasso
annuo  nominale  la  gran  parte  degli   oneri   connessi   con   il
finanziamento contro cessione del  quinto  dello  stipendio,  poiche'
cio' riduce la quota degli oneri irripetibili ed evita l'innalzamento
dei costi per il caso  di  rimborso  anticipato,  Banca  d'Italia  ha
continuato a muoversi all'interno della divisione tra oneri Upfront e
Recurring, senza negarne mai la validita' in linea di principio. 
    Lo stato consolidato della  giurisprudenza  italiana  al  momento
dell'uscita  della  sentenza  Lexitor  della   Corte   di   giustizia
dell'Unione europea (dell'11 settembre 2019, C-383/18) era dunque  il
seguente, ben riassunto nel primo autorevole  precedente  successivo,
la decisione del  Collegio  di  coordinamento  dell'Arbitro  Bancario
Finanziario in data 11  dicembre  2019,  n.  26525,  dove  riemergono
alcune delle prassi scorrette  censurate  dalla  Vigilanza  di  Banca
d'Italia: "1) «nella formulazione  dei  contratti,  gli  intermediari
sono tenuti ad esporre in modo  chiaro  e  agevolmente  comprensibile
quali oneri e costi siano imputabili  a  prestazioni  concernenti  la
fase delle trattative e della  formazione  del  contratto  (costi  up
front, non ripetibili) e quali  oneri  e  costi  maturino  nel  corso
dell'intero  svolgimento  del  rapporto  negoziale  (costi  Recurring
rimborsabili pro quota); 2) in assenza di una chiara ripartizione nel
contratto tra costi  up  front  e  Recurring  anche  in  applicazione
dell'art. 1370 del codice civile e, piu'  in  particolare,  dell'art.
35, comma 2, decreto legislativo n. 206 del 2005 [codice del consumo]
(secondo cui, in caso di dubbio sull'interpretazione di una  clausola
prevale quella piu' favorevole al consumatore)  l'intero  importo  di
ciascuna delle suddette voci deve essere preso in  considerazione  al
fine  della  individuazione  della  quota  parte  da  rimborsare;  3)
l'importo da rimborsare deve essere determinato, com'e' noto, secondo
un criterio proporzionale, tale per cui l'importo di  ciascuna  delle
suddette voci viene moltiplicato per la percentuale di  finanziamento
estinto anticipatamente,  risultante  (se  le  rate  sono  di  eguale
importo) dal rapporto fra il  numero  complessivo  delle  rate  e  il
numero delle rate residue». 
     3.3. Con la citata sentenza Lexitor, la Corte  di  giustizia  ha
deciso una pregiudiziale interpretativa, che un tribunale polacco  ha
sollevato, relativamente all'art. 16 della Direttiva  n.  2008/48/CE,
di cui il giudice remittente ha offerto due interpretazioni. La prima
considera soggetti a riduzione i  costi  «connessi  alla  durata  del
credito. Pertanto, il termine "costi" si  riferisce  alle  spese  che
l'ente creditizio deve sostenere in  relazione  al  credito  concesso
[..] dal momento che l'ente creditizio non sosterra' tali  spese,  il
consumatore dovrebbe avere il diritto di  farle  detrarre  dal  costo
totale  del  credito».  Nella  seconda,  la  «restante   durata   del
contratto» non e' un criterio di selezione dei  costi  ammissibili  a
riduzione, ma riguarda le modalita' di calcolo della  riduzione,  che
deve essere proporzionale alla residua durata. 
    Oltre a queste due interpretazioni, l'Avvocato generale ha  preso
in  esame  nelle  sue  conclusioni  (punto  45-46)  anche  una  terza
interpretazione, considerando «costi dovuti per  la  restante  durata
del contratto» quelli formalmente indicati nel contratto stesso  come
«dipendenti dalla durata del contratto» oppure «non ancora scaduti al
momento del rimborso anticipato». 
    La Corte di giustizia ha  premesso  che  «un'analisi  comparativa
delle diverse versioni linguistiche dell'art. 16, paragrafo 1,  della
Direttiva n. 2008/48 non permette  di  stabilire  la  portata  esatta
della riduzione  del  costo  totale  del  credito  prevista  da  tale
disposizione» (punto 25), atteso che alcune di esse sembrano indicare
la «restante durata del  contratto»  come  criterio  di  calcolo  del
rimborso e altre, tra cui l'italiana, come criterio di selezione  dei
costi  da  rimborsare,  quelli  «dovuti»,  cioe'   di   scadenza   (o
maturazione)  successiva   al   rimborso   anticipato.   Esclusa   la
decisivita' dell'argomento letterale, la Corte ha dato  preminenza  a
un  argomento  di  taglio  storico,  consistente  nel  raffronto  con
l'analoga  previsione  della  prima  Direttiva  (87/102/CE),  che  si
limitava a richiedere  una  «equa  riduzione»,  e  soprattutto  a  un
argomento di  tipo  teleologico.  Ha  quindi  argomentato  a  partire
dall'obiettivo della Direttiva, consistente nel «garantire un'elevata
protezione del consumatore», in base all'assunto che «il  consumatore
si trova in una situazione di inferiorita' rispetto al professionista
per quanto riguarda sia il potere di negoziazione che il  livello  di
informazione  (v.,  in  tal  senso,  sentenza  del  21  aprile  2016,
Radlinger e Radlingerova, C-377/14, EU:C:2016:283, punto 63)»  (punto
29). 
    «Al fine di garantire tale protezione, l'art.  22,  paragrafo  3,
della Direttiva n. 2008/48 impone agli  Stati  membri  di  provvedere
affinche' le disposizioni da essi adottate per l'attuazione  di  tale
Direttiva   non   possano   essere   eluse   attraverso   particolari
formulazioni dei contratti» (punto 30). Pertanto - arrivando al cuore
dell'argomentazione - deve darsi un'interpretazione «utile» dell'art.
16, par. 1 nel senso di salvaguardare «l'effettivita' del diritto del
consumatore alla  riduzione  del  costo  totale  del  credito»  e  al
contempo togliere all'intermediario la possibilita' di incidere sulla
misura del diritto del consumatore, formulando a propria  discrezione
il contratto o l'offerta economica. 
    Le esemplificazioni ai  punti  31-33  sono  coerenti  con  queste
premesse. Non puo' ammettersi «la presa in  considerazione  dei  soli
costi presentati dal soggetto concedente il credito  come  dipendenti
dalla durata  del  contratto,  dato  che  [..]  i  costi  e  la  loro
ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca  e  che  la
fatturazione di costi puo' includere un certo  margine  di  profitto»
(punto 31), ne' la riduzione dei «soli costi espressamente  correlati
alla durata del contratto» poiche' cio' «comporterebbe il rischio che
il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti piu'  elevati
al momento della conclusione del contratto  di  credito,  poiche'  il
soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre  al
minimo i costi dipendenti dalla durata  del  contratto»  (punto  32).
Infine, la stessa divisione dei costi in due tipologie distinte,  per
causa  e-o  tempo  di  maturazione,  e'  in  grado  di   pregiudicare
l'effettivita' del diritto del consumatore, visto che «il margine  di
manovra  di  cui  dispongono  gli  istituti  creditizi   nella   loro
fatturazione e nella loro organizzazione interna rende,  in  pratica,
molto difficile la determinazione, da parte di un consumatore o di un
giudice,  dei  costi  oggettivamente  correlati   alla   durata   del
contratto» (punto 33). 
    Avendo  respinto  con  questi  argomenti  la  prima  e  la  terza
interpretazione,  la  Corte  di  giustizia  ha  accolto  la  seconda,
statuendo che «l'art. 16, paragrafo 1, della Direttiva n.  2008/48/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008,  relativa
ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la  Direttiva  n.
87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso  che  il
diritto del consumatore alla riduzione del costo totale  del  credito
in caso di rimborso anticipato del  credito  include  tutti  i  costi
posti a carico del consumatore». 
    In quest'interpretazione, tutte le voci di costo  -  interessi  e
oneri; oneri anteriori e  successivi  al  contratto;  indipendenti  e
dipendenti dalla durata - devono contribuire alla riduzione.  Non  e'
escluso che il diritto interno o  il  contratto  possa  prevedere  un
metodo di calcolo per gli interessi  (ad  es.  la  c.d.  curva  degli
interessi) e un altro per gli oneri (ad es. la riduzione lineare  pro
rata temporis) o distinguere secondo tipologie di oneri, ma e'  certo
che la distinzione tra oneri (intrinsecamente) irripetibili  e  oneri
ripetibili in funzione della durata non ha piu' ragione d'essere.  La
misura della riduzione non dipende  qui  dagli  oneri  sgravati  come
ripetibili, ma dalla «restante  durata»  del  contratto,  secondo  un
criterio di proporzionalita' in  senso  ampio  rispetto  alla  durata
totale. 
    Lo  spostamento  di  enfasi  -  dall'individuazione  degli  oneri
ripetibili, perche' dipendenti dalla  durata,  al  costo  totale  del
credito   in   proporzione   alla   restante    durata    -    toglie
all'intermediario  la  facolta'  di  «giocare»  sulle  qualificazioni
contrattuali  e  sulla  distribuzione  dei  costi,   all'interno   di
un'offerta  economica  invariata,  tra  interessi,  oneri  Upfront  e
Recurring al fine di contenere la misura delle  restituzioni  per  il
caso di  rimborso  anticipato.  Implicitamente,  ma  in  termini  non
equivoci, restano colpite anche  le  pratiche  opportunistiche  degli
intermediari piu' volte censurate dalla giurisprudenza italiana, come
l'ambiguita'   nella   descrizione   delle    attivita'    e    nella
classificazione  degli  oneri  a  fini  dell'applicazione   dell'art.
125-sexies. 
    3.4. Al contempo, l'interpretazione della  Corte  e'  palesemente
incompatibile con gli orientamenti espressi da Banca  d'Italia  nelle
Disposizioni di trasparenza dei servizi bancari e  finanziari  citate
sopra [paragrafo 3.1], poiche' l'alternativa si da' in modo secco:  o
la totalita' dei costi del credito o i soli  costi  dipendenti  dalla
durata del contratto e non  ancora  maturati.  Cio'  non  toglie  che
alcuni costi possano essere per loro natura del tutto estranei a  una
possibile riduzione -  ad  es.  le  imposte  che  pur  rientrano  nel
perimetro del costo totale del credito (art. 121,  comma  1,  lettera
«e» del TUB) - e non esclude che le  norme  interne  o  il  contratto
possano prevedere modalita'  di  riduzione  differenti  per  i  costi
anteriori e successivi alla stipula del contratto. Al netto di queste
riserve, le due interpretazioni non appaiono riconciliabili,  poiche'
esistono certamente spese  (diverse  dalle  imposte)  anteriori  alla
sottoscrizione e indipendenti dalla durata del contratto che sono del
tutto irripetibili secondo l'interpretazione di Banca d'Italia e che,
invece, dovrebbero concorrere  alla  riduzione  secondo  la  sentenza
Lexitor. 
    L'evidente  conflitto  tra  le  due   interpretazioni   ha   reso
necessario alla giurisprudenza interrogarsi,  se  e  quale  efficacia
riconoscere nell'ordinamento italiano alla sentenza  Lexitor  o,  per
meglio dire, all'art. 16 della Direttiva, cosi' come interpretato  da
questa sentenza. 
    Il valore di precedente non puo' revocarsi in dubbio, per il solo
fatto che la fattispecie sottoposta all'esame della Corte sia  venuta
a esistenza in altro ordinamento, poiche'  la  sentenza  Lexitor  non
riguarda la compatibilita' tra la Direttiva n. 2008/48/CE e le  norme
interne dell'ordinamento  del  giudice  remittente,  ma  precisamente
l'interpretazione dell'art. 16, par. 1 Direttiva in quanto  tale.  Il
regime di parita' linguistica vigente all'interno dell'Unione europea
comporta che tutte le lingue ufficiali dell'Unione fanno  «ugualmente
fede», per quanto concerne l'interpretazione sia dei  trattati  (art.
55, par. 1, Trattato sull'Unione europea) sia  del  diritto  derivato
(art. 358 TFUE, che richiama l'art. 55 Trattato sull'Unione europea).
La pari dignita' delle lingue  ufficiali  e  «la  necessita'  che  le
direttive  dell'Unione  vengano   interpretate   in   modo   uniforme
esclud[ono] che, in caso di dubbio, il testo di una disposizione  sia
considerato isolatamente,  e  impon[gono],  invece,  che  esso  venga
interpretato e applicato alla luce  dei  testi  redatti  nelle  altre
lingue ufficiali [..] Inoltre, in caso di difformita' tra le  diverse
versioni linguistiche di un testo dell'Unione, la disposizione di cui
trattasi deve essere intesa in funzione del sistema e della finalita'
della normativa di cui fa parte» (Corte giustizia UE, 15 aprile 2010,
causa C-511/08, punto 51; ivi indicazione di molti  altri  precedenti
conformi). 
    Pertanto, Lexitor riguarda il significato dell'art.  16,  par.  1
Direttiva  e  ha  l'ambizione  di  assorbire  e   superare   in   via
interpretativa le equivocita' e  differenze  testuali  delle  diverse
versioni ufficiali, non a caso passate in rassegna dalla Corte (punto
25). 
    Per parte della giurisprudenza di merito  (ad  es.  Tribunale  di
Napoli 22 novembre 2019 n. 10489; giudice di pace di Roma  28  agosto
2020 n. 13888  entrambe  disponibili  in  Rete)  il  nuovo  principio
espresso  da  Lexitor  non  potrebbe   sostituire   la   tradizionale
distinzione  tra  oneri  ripetibili  e  irripetibili,   poiche'   una
Direttiva europea - e per estensione la sentenza che la interpreta  -
non  ha  efficacia  diretta  orizzontale  tra  privati,  avendo  come
destinatari gli Stati membri e generando nei loro  confronti  vincoli
«per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva  restando  la
competenza degli organi nazionali in merito alla forma  e  ai  mezzi»
(art. 288 TFUE). 
    Se e' ragionevolmente  certo,  nel  quadro  della  giurisprudenza
della Corte di giustizia, che «anche una disposizione chiara, precisa
ed incondizionata di una Direttiva volta  a  conferire  diritti  o  a
imporre obblighi ai privati  non  puo'  essere  applicata  come  tale
nell'ambito di una  controversia  che  ha  luogo  esclusivamente  tra
privati» (Corte di giustizia UE 5 ottobre 2004, nelle  cause  riunite
da C-397 a C-403/01, Pfeiffer et al. punto 109) e che,  pertanto,  la
Direttiva non puo' essere fatta valere tra privati come fonte diretta
di diritti e obblighi, nondimeno la Direttiva n. 2008/48/CE e'  stata
attuata, e' quindi la norma interna a porsi come fonte di  diritti  e
obblighi delle parti  e  metro  di  giudizio  della  validita'  delle
clausole contrattuali, salvo che il giudice  nazionale  e'  tenuto  a
interpretare la norma interna in modo conforme  alla  Direttiva,  nei
limiti   delle   possibilita'   offerte    dagli    ordinari    mezzi
interpretativi, cosi da realizzare (o non ostacolare la realizzazione
de) gli obiettivi della Direttiva. 
    Nella giurisprudenza della Corte,  l'obbligo  di  interpretazione
conforme e' un corollario del principio di leale cooperazione  e,  in
particolare, dell'obbligo degli stati membri di «adottare ogni misura
di carattere generale o particolare atta ad  assicurare  l'esecuzione
degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli  atti  delle
istituzioni  dell'Unione»  (art.  4  par.  3   Trattato   sull'Unione
europea). Destinatari di quest'obbligo sono «tutti gli  organi  degli
stati membri ivi compresi, nell'ambito  di  loro  competenza,  quelli
giurisdizionali. Ne consegue che nell'applicare il diritto nazionale,
e in  particolare  la  legge  nazionale  espressamente  adottata  per
l'attuazione  della  Direttiva  [..],  il  giudice   nazionale   deve
interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della  lettera  e
dello scopo della Direttiva onde conseguire il risultato»  (Corte  di
giustizia UE 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann e molte
altre  conformi).  Resta  fermo  che  l'obbligo  di   interpretazione
conforme non puo' spingersi al punto  di  imporre  un'interpretazione
contra legem (cfr. Corte  giustizia  UE  24  gennaio  2012  in  causa
C-282/10, Dominguez). 
    La natura vincolante dell'interpretazione del diritto comunitario
adottata  dalla  Corte  di  giustizia  e'  riconosciuta  anche  dalla
Cassazione  (vedi  tra  molte  Cassazione  3  marzo  2017,  n.  5381;
Cassazione 8 febbraio 2016, n. 2468; Cassazione 11 dicembre 2012,  n.
22577), secondo cui tale interpretazione «ha efficacia ultra  partes,
sicche' alle sentenze dalla stessa rese, sia pregiudiziali che emesse
in  sede  di  verifica  della  validita'  di  una  disposizione,   va
attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario,  non
nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensi' in quanto
ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia
erga omnes nell'ambito della Comunita'». 
    L'intensita' del vincolo interpretativo e'  bene  espressa  dalla
citata sentenza Pfeiffer che, quando la  controversia  verte  proprio
sull'applicazione delle disposizioni di attuazione  della  Direttiva,
richiede al giudice di presumere che «lo Stato, essendosi avvalso del
margine di discrezionalita' di cui gode  in  virtu'  [dell'art.  249,
terzo comma, Trattato CE; ora art. 288 comma  3  TFUE],  abbia  avuto
l'intenzione di adempiere pienamente  gli  obblighi  derivanti  dalla
Direttiva considerata» (punto 112) e di utilizzare tutti i metodi  di
interpretazione  riconosciuti  dall'ordinamento,  che  consentono  di
«interpretare una norma dell'ordinamento giuridico  interno  in  modo
tale da evitare un conflitto con un'altra norma di diritto interno  o
di ridurre a tale scopo  la  portata  di  quella  norma  applicandola
solamente nella misura compatibile con l'altra», al fine  di  evitare
un'antinomia tra la Direttiva e  le  norme  interne  e  «ottenere  il
risultato perseguito dalla Direttiva» (punto 116). 
    La presunzione non e' assoluta, non esclude la  possibilita'  che
la Direttiva sia stata trasposta in modo non fedele  nell'ordinamento
nazionale, ma confina il caso dell'interpretazione contra  legem  del
diritto nazionale - comunque non consentita - a casi di manifesta  ed
eclatante violazione,  quando  cioe'  alla  disposizione  di  diritto
interno non possa  essere  assegnato  alcun  ragionevole  significato
compatibile con il significato  della  Direttiva  «dichiarato»  dalla
Corte di giustizia. Al contrario, se tra i  plurimi  significati  che
possono trarsi dalla disposizione di diritto interno ce ne e'  almeno
uno compatibile,  il  giudice  e'  tenuto  a  conformare  la  propria
interpretazione a quella della Corte. 
    3.5. Venendo, infine, al confronto tra le due norme, non ci sono,
all'interno dell'art. 125-sexies, comma 1 TUB (ex decreto legislativo
n. 141/2010), indici testuali di particolare pregnanza, che  marchino
una differenza consapevole rispetto  alla  corrispondente  previsione
della Direttiva. 
    L'unico elemento testuale che differenzia le due disposizioni  in
modo apprezzabile consiste nella misura della riduzione,  che  in  un
caso (art. 125-sexies TUB) e' dichiarata «pari» allo  «importo  degli
interessi e dei costi dovuti per la vita  residua  del  contratto»  e
nell'altro (art. 16 Direttiva) «comprende» tale importo.  «Comprende»
ha un'estensione almeno potenzialmente superiore a «pari» e, in linea
di principio, potrebbe dar luogo a  speculazioni,  circa  la  diversa
portata dei due enunciati, nel senso  della  piu'  ampia  tutela  dei
diritti del consumatore (secondo la Direttiva) e della  discrezionale
restrizione di questa tutela (secondo il legislatore nazionale). 
    Al contempo, e' evidente che la sentenza Lexitor non ha assegnato
alcun valore esegetico ad argomenti di  tipo  letterale  -  anzi,  ha
dichiarato inconcludente l'analisi comparativa delle diverse versioni
(punto 25) -,  certamente  ha  valorizzato  e  costruito  la  propria
interpretazione dell'art. 16, par. 1  su  altri  elementi,  ossia  il
«costo totale del credito», che la definizione del TUB riprende senza
particolari adattamenti dall'art. 3 Direttiva, e «la restante  durata
del contratto», e infine su altre disposizioni della Direttiva,  come
l'art. 22, par. 3 che richiede di evitare che  i  diritti  attribuiti
dalla Direttiva siano elusi «attraverso particolari formulazioni  dei
contratti». Su queste premesse, la pur esistente differenza  testuale
tra le disposizioni a confronto («comprende», «pari») e' superata per
numero e pregnanza dagli elementi comuni e non appare sufficiente  ad
argomentare  una  consapevole  differenziazione  delle  tutele,   tra
diritto interno e diritto UE. 
    Inoltre,  la  formulazione  dell'art.  125-sexies   (ex   decreto
legislativo  n.  141/2010)  e'  tecnicamente  piu'   accurata   della
corrispondente  previsione  della  Direttiva,   che   limitandosi   a
«comprendere» certi costi nel  perimetro  dei  costi  ripetibili,  ne
lascia indefinita  l'estensione  massima  possibile.  La  spiegazione
tecnica appare, dunque,  ragion  sufficiente  della  diversa  e  piu'
stretta formulazione dell'enunciato dell'art. 125-sexies, comma 1 TUB
(ex decreto legislativo n. 141/2010), senza  che  tale  piu'  stretta
formulazione sottintenda anche e necessariamente una diversa  opzione
di  politica   del   diritto,   chiaramente   espressa   e   ostativa
all'interpretazione conforme. 
    Indubbiamente,  le  due  interpretazioni,  pur  se  ricavate  dal
medesimo testo, sono irreconciliabili e, tuttavia,  il  principio  di
intangibilita' dei diritti  acquisiti,  che  fornisce  la  chiave  di
lettura degli orientamenti di Banca d'Italia e  della  giurisprudenza
italiana anteriori alla Lexitor [paragrafo 3.1.], oltre a  rispondere
a un canone di semplice normalita' e non di assoluta  inderogabilita'
ed  essere  quindi  recessivo  di  fronte  a  una  scelta   normativa
contraria, non  e'  nemmeno  presidiato  da  chiari  indici  testuali
nell'art.  125-sexies,  che  possano  precludere   un'interpretazione
differente, alla luce  di  un  diverso  principio.  La  stessa  Banca
d'Italia, a cui si deve la piu' ampia elaborazione  del  terna  degli
oneri ripetibili e irripetibili, non e' nemmeno considerata dall'art.
125-sexies come fonte regolatrice secondaria e quest'assenza e' tanto
piu' evidente, in quanto molte altre disposizioni, nella stessa sedes
materiae, affidano a Banca d'Italia  la  funzione  di  emanare  norme
integrative, di spiccato carattere  tecnico,  come  le  modalita'  di
calcolo del TAEG (art. 121, comma 3 TUB) o i criteri di verifica  del
merito  creditizio  (art.  124-bis,  comma  3),  o  rispondenti  alle
finalita'  di  trasparenza  e   correttezza   nelle   relazioni   tra
intermediari e clienti, dai contenuti della pubblicita' agli obblighi
di informazione (articoli 123, comma 2, 124 comma 7, ecc.). 
    In definitiva, l'assenza di differenze apprezzabili e  di  indici
testuali    «forti»,    di    rango    legislativo,    a     presidio
dell'interpretazione invalsa nel diritto applicato, rendono possibile
la   sostituzione   della   chiave   di   lettura   della   norma   -
dall'intangibilita' dei diritti acquisiti dell'intermediario (e degli
altri professionisti) all'effettivita' dei diritti del consumatore  -
senza  arrecare  apparenti   traumi   alla   coerenza   e   logicita'
dell'enunciato  normativo  e  senza  incorrere   in   una   manifesta
contrarieta' a legge, che costituisce l'estremo punto  di  resistenza
dell'ordinamento   interno   all'obbligo   di   interpretazione   «in
conformita'». 
    Nel senso dell'interpretazione dell'art. 125-sexies  TUB  secondo
il principio espresso da Lexitor vedi  tra  molte  la  decisione  del
Collegio di coordinamento ABF dell'11 dicembre 2019, n.  26525:  «non
puo' dubitarsi che detta interpretazione sia  ineludibile  anche  nel
caso di specie, sottoposto com'e' sia all'art. 121, comma 1,  lettera
e) del TUB, che indica la nozione di  costo  totale  del  credito  in
piena aderenza all'art. 3 della Direttiva,  sia  all'art.  125-sexies
TUB che, dal punto di vista letterale, appare a sua volta  fedelmente
riproduttivo dell'art. 16 par.  1  della  stessa  Direttiva.  Infatti
l'art. 125-sexies, secondo cui in caso di estinzione  anticipata  del
finanziamento il consumatore ha diritto a  una  riduzione  del  costo
totale del credito, "pari" all'importo degli interessi e  "dei  costi
dovuti per la vita residua del contratto", non sembra affatto diverso
rispetto alla disposizione ora citata della Direttiva, secondo cui il
consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del  credito,
che "comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante  durata
del contratto", giacche' non puo' ragionevolmente  attribuirsi  alcun
significativo rilievo distintivo alla  differenza  lessicale  tra  la
riduzione del costo del credito che e' "pari" a  tutte  le  voci  che
compongono il costo totale del  credito  e  la  riduzione  del  costo
totale del credito che "comprende" esattamente le medesime voci». 
    Il conflitto  tra  le  interpretazioni  non  comporta,  pertanto,
antinomia tra le disposizioni interpretate. Cio' rende  non  soltanto
possibile,  ma  addirittura  doverosa,   nell'ottica   della   «leale
cooperazione», l'interpretazione dell'art. 125-sexies,  comma  1  TUB
(ex decreto legislativo n. 141/2010) alla luce del  criterio  offerto
dalla sentenza Lexitor. 
    3.6.  L'art.  125-sexies  TUB  e'  stato   sostituito   dall'art.
11-octies, comma 1, lettera c) del decreto-legge 25 maggio  2021,  n.
73 («Misure  urgenti  connesse  all'emergenza  da  COVID-19,  per  le
imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i  servizi  territoriali»,
c.d. decreto Sostegni-bis), introdotto dalla legge di conversione  n.
106 del 23 luglio 2021, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  il  24
luglio 2021 (n. 176) ed entrata in vigore il giorno  successivo  alla
sua pubblicazione. 
    Del nuovo art. 125-sexies interessa, anzitutto, il comma  1,  che
nel  testo  modificato  recita.:  «Il  consumatore  puo'   rimborsare
anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte,  l'importo
dovuto al finanziatore e, in tal caso, ha diritto alla riduzione,  in
misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi
e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse  le
imposte». 
    La  norma  recepisce  l'indicazione   della   sentenza   Lexitor,
riformulando in modo tecnicamente accurato il diritto del consumatore
in caso di rimborso anticipato, considerando  il  «costo  totale  del
credito» (salve le imposte) come  oggetto  e  la  «vita  residua  del
contratto» come criterio della riduzione. 
    Tuttavia,  la  riformulazione  dell'enunciato  normativo  non  si
presenta nella veste di una  interpretazione  autentica,  adesiva  al
dictum della sentenza della Corte di giustizia, ne' di un adeguamento
a carattere retroattivo, poiche' la nuova disposizione  «sostituisce»
- e quindi abroga e non interpreta - il previgente art. 125-sexies  e
si applica soltanto «ai contratti sottoscritti  successivamente  alla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto». 
    Nel novellato art. 125-sexies sono contenute svariate previsioni,
alcune delle quali sono sicuramente innovative rispetto al passato  e
inapplicabili  ai  contratti  anteriori.  Il  comma  2  riguarda   il
contenuto del  contratto,  in  quanto  tale  non  puo'  applicarsi  a
contratti gia' sottoscritti, e prevede che il contratto  indichi  «in
modo chiaro i criteri» per procedere alla riduzione proporzionale  di
interessi e oneri e indichi  altresi'  «n  modo  analitico  se  trovi
applicazione il criterio della proporzionalita' lineare o il criterio
del costo ammortizzato. Ove non sia diversamente indicato, si applica
il criterio del costo ammortizzato». Il comma 3 riguarda  il  diritto
di regresso del finanziatore  nei  confronti  dell'intermediario  del
credito  nel  caso  di  rimborso   anticipato,   toccando   un   tema
evidentemente inesplorato prima  della  sentenza  Lexitor,  anche  in
considerazione del fatto che il compenso dell'intermediario,  essendo
relativo a un'attivita' anteriore  al  contratto,  era  evidentemente
irripetibile. 
    La riformulazione del comma 1 dell'art. 125-sexies non  manifesta
con altrettanta evidenza la necessita'  di  porsi  in  discontinuita'
rispetto al passato, anche in ragione  del  risultato  attinto  dalla
giurisprudenza successiva alla Lexitor [paragrafo  3.5],  e  tuttavia
anche in tal caso esiste un elemento testuale, che  segna  una  forte
discontinuita' tra passato e presente e non consente di  disconoscere
la scelta del legislatore di  dichiarare,  nel  suo  insieme,  l'art.
125-sexies  TUB   novellato   applicabile   soltanto   ai   contratti
sottoscritti successivamente alla sua entrata in vigore. 
    L'elemento in questione consiste nel secondo periodo del comma  2
dell'art. 11-octies, dove e' previsto che alle estinzioni  anticipate
dei contratti sottoscritti prima del 25 luglio  2021  «continuano  ad
applicarsi» non soltanto la disposizione  previgente,  ma  anche  «le
norme secondarie contenute nelle disposizioni  di  trasparenza  e  di
vigilanza della Banca d'Italia vigenti alla data della sottoscrizione
dei contratti». 
    La disposizione non contiene un rinvio formale a  Banca  d'Italia
come fonte secondaria del diritto, ma un rinvio recettizio alle norme
secondarie «di trasparenza e di vigilanza», gia' emanate  e  «vigenti
alla  data  della  sottoscrizione  dei  contratti»,  delle  quali  il
contenuto e' noto e viene integrato per relationem all'interno  della
norma primaria, proprio perche' ben conosciuto. 
    Puo' apparire singolare che  il  legislatore  abbia  ritenuto  di
«potenziare» la legge con le  disposizioni  di  Banca  d'Italia,  sia
perche'  queste  sono  subordinate  alla  norma   primaria,   sia   e
soprattutto perche' le disposizioni emanate, trattando  come  oggetto
di restituzione soltanto  «gli  oneri  che  maturano  nel  corso  del
rapporto e che devono quindi  essere  restituiti  per  la  parte  non
maturata»,  sono   sempre   rimaste   coerenti   al   principio,   di
intangibilita' dei diritti acquisiti, che puo' ricavarsi anche  dalla
lettura della norma primaria. 
    Tuttavia, la  giurisprudenza  successiva  alla  sentenza  Lexitor
[paragrafo 3.5.], interpretando correttamente l'art. 125-sexies  alla
luce di questa importante  pronuncia  e  del  dato  normativo  allora
esistente, ha  ben  messo  in  evidenza  che  la  norma  interna  era
«schiacciata» sulla corrispondente previsione della Direttiva, poteva
quindi  essere  interpretata  in  conformita',  senza  ingenerare  il
caso-limite dell'interpretazione manifestamente contra legem, ed  era
permeabile, in  definitiva,  a  interpretazioni  difformi  da  quelle
allora correnti nel diritto applicato: fatto non soltanto  di  leggi,
ma anche di orientamenti dell'Autorita'  di  vigilanza  e  di  prassi
contrattuali seriali degli intermediari. 
    L'integrazione nella norma primaria degli orientamenti  di  Banca
d'Italia «vigenti alla data della sottoscrizione  dei  contratti»  ha
dunque la funzione di far emergere, in modo  manifesto  e  senz'altro
con maggior chiarezza rispetto al passato, il conflitto tra  i  testi
normativi dell'art. 125-sexies, comma 1 TUB (previgente) e l'art. 16,
par. 1 Direttiva - e in definitiva anche tra i principi  sottesi,  da
una parte l'intangibilita' dei diritti acquisiti  dall'intermediario,
dall'altra l'effettivita'  dei  diritti  del  consumatore  -  che  in
precedenza era latente e inavvertito, precludere la  possibilita'  di
un'interpretazione conforme ai principi  espressi  da  Lexitor,  dare
continuita' nel 2021,  ma  solo  per  il  passato,  alla  distinzione
corrente nel diritto applicato tra oneri irripetibili  e  ripetibili,
seppure gia' rifiutata nel 2019 dalla Corte di giustizia. 
    Detto  altrimenti,  con  l'art.  11-octies,  comma  2,  lo  Stato
italiano s'e' reso  post  factum  deliberatamente  inadempiente  alla
Direttiva, creando un caso-limite nel quale l'autorita'  giudiziaria,
usando  gli  strumenti  ordinari  di  interpretazione,   riconosciuti
dall'ordinamento,  non  e'   piu'   ragionevolmente   in   grado   di
interpretare  l'art.  125-sexies  TUB  (ex  decreto  legislativo   n.
141/2010),  come  integrato  dall'art.   11-octies,   comma   2   del
decret-legge  n.  73/2021,   in   conformita'   alla   corrispondente
previsione  della  Direttiva,  come  interpretata  dalla   Corte   di
giustizia. Il conflitto tra le interpretazioni  (Banca  d'Italia  vs.
Corte di giustizia) genera qui una vera e propria antinomia, riguardo
all'estinzione anticipata dei contratti anteriori al 25 luglio 2021. 
    Come ha  lucidamente  osservato  la  decisione  del  Collegio  di
coordinamento ABF n. 21676 in data 15 ottobre  2021,  la  scelta  del
legislatore «di 'riportare all'indietro  le  lancette  dell'orologio'
per  la  disciplina  intertemporale»  corrisponde  a   una   politica
gradualistica che, mentre da un lato  recepisce  il  principio  della
ripetibilita' del costo totale del credito per  i  contratti  futuri,
dall'altro si  sforza  di  non  frustrare,  per  «intuibili  esigenze
equitative, ...  l'affidamento  riposto  dalle  parti  negli  assetti
contrattuali concordati  secondo  le  indicazioni  consolidate  della
giurisprudenza nazionale anteriore alla sentenza Lexitor». 
    Oltre alla giurisprudenza, si possono menzionare, come fonti  del
legittimo affidamento sulla stabilita' degli assetti contrattuali, la
messe di disposizioni, orientamenti e comunicazioni emessi  da  Banca
d'Italia,  la  (relativa)  equivalenza  della  soluzione  legislativa
italiana  a  quella  di   altri   Paesi   dell'Unione   europea,   il
comportamento di acquiescenza della Commissione europea, che  non  ha
aperto alcuna procedura di infrazione nei confronti dell'Italia o  di
altro Stato membro, per aver trasposto in modo inesatto la Direttiva,
senza prevedere la ripetibilita' pro rata temporis del  costo  totale
del credito. 
    Anche altri Paesi dell'Unione  europea,  allo  stato  Germania  e
Austria,  evidentemente  anch'esse  spiazzate  dallo  spostamento  di
enfasi dalla «restante durata» al «costo totale del  credito»,  hanno
agito per  limitare  la  retroattivita'  del  principio  espresso  da
Lexitor   ed   evitare   un   brusco   trapasso   da   un   principio
(irripetibilita' degli oneri Upfront) a quello opposto (ripetibilita'
pro rata temporis anche  degli  oneri  Upfront).  Riprendendo  quanto
scrive il Collegio di  coordinamento,  «valga  qui  il  richiamo,  in
particolare, alla legge austriaca  sul  credito  al  consumo  che  al
paragrafo  16,  primo comma,  prevedeva  la  riduzione,  in  caso  di
estinzione anticipata dei soli "costi  dipendenti  dalla  durata  del
credito» e che, con legge 5 gennaio 2021 (art. 1,  quinto  comma)  ha
sostituito il richiamo con la espressione onnicomprensiva di  «costi»
e, nel contempo, con l'art. 1, sesto comma, n. 12, ha  stabilito  che
tale nuova disposizione si applichi solo ai contratti  conclusi  dopo
l'11 settembre 2019 (data della pronuncia Lexitor), «purche'  estinti
anticipatamente dopo il 31 dicembre  2020.  Anche  il  codice  civile
tedesco prevedeva (al paragrafo 501) che la riduzione del  costo  del
credito fosse limitata ai costi dipendenti dalla durata del  credito.
Con l'art. 1 della legge 9 giugno 2021 si e'  pero'  sostituito  tale
richiamo con il riferimento onnicomprensivo dei "costi", disponendosi
nel contempo (art. 7) l'entrata in  vigore  della  legge  dal  giorno
successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (cioe' dal
15 giugno 2021). Tutto cio' corrobora il convincimento che il  nostro
legislatore abbia proprio voluto, per esigenze di politica  economica
e di tutela del principio dell'affidamento,  dettare  una  disciplina
intertemporale conforme all'interpretazione  che  del  vecchio  testo
dell'art. 125-sexies TUB, dava costantemente tutta la  giurisprudenza
anteriore  alla  sentenza  Lexitor,  cosi'  apponendo   un   ostacolo
insormontabile a una diversa interpretazione 'adeguatrice'». 
    3.7. L'impossibilita' dell'interpretazione conforme alla sentenza
Lexitor puo' essere verificata anche alla luce dei  pochi  precedenti
giurisprudenziali ad oggi usciti che, invece, hanno ritenuto di dover
dare «continuita'» non al diritto applicato ante Lexitor, ma all'art.
125-sexies, comma 1 TUB interpretato alla luce di Lexitor,  e  quindi
di dover retrocedere al  consumatore  una  quota  parte  degli  oneri
Upfront. 
    L'ordinanza, con cui il Collegio ABF di Roma in data 6  settembre
2021 ha rimesso al Collegio di coordinamento la questione di  massima
dell'interpretazione dell'art. 11-octies, decreto-legge  n.  73/2021,
tratta l'interpretazione del comma 2 di questa disposizione ai  punti
12 ss. 
    E' opinione del Collegio ABF che «gia' in via  di  principio,  in
nessun caso la normativa secondaria emanata (anche  prima  del  2019)
dalla Banca d'Italia potrebbe porsi (o avrebbe  potuto  porsi,  anche
nel  quadro  normativo  previgente)  in  contrasto  con  la  corretta
interpretazione dell'art. 125-sexies TUB sancita dalla Corte europea»
(punto 15) e  che  «nessuna  norma  secondaria  emanata  dalla  Banca
d'Italia risulta in contrasto  con  l'applicazione  dei  principi  di
diritto enunciati dalla  sentenza.  Lexitor  ai  contratti  stipulati
anteriormente all'entrata in vigore del  decreto  "Sostegni-bis"  (25
luglio 2021), essendosi le Istruzioni di vigilanza, anche nel  quadro
normativa previgente,  fondamentalmente  occupate  della  materia  in
discorso allo scopo di correggere alcune prassi degli intermediari, e
per questo prescrivendo loro norme di trasparenza  nella  descrizione
contrattuale  dei  costi  del  credito  e  dei  relativi  criteri  di
rimborso; ma mai norme conformative della  sostanza  del  regolamento
contrattuale dei  finanziamenti  (punto  16).  Semmai,  e  viceversa,
quando la Banca d'Italia ha indicato, seppure  non  prescritto,  agli
intermediari, quale potesse essere l'assetto contrattuale preferibile
sulla materia ora in discorso, le sue comunicazioni,  raccomandazioni
e linee orientative si sono chiaramente indirizzate verso  l'adozione
di schemi tariffari che assicurassero  -  tramite  una  clausola  cd.
"tutto-TAN" - un rimborso di tutti i costi legati del  finanziamento,
in caso di sua estinzione anticipata. Gia' in  allora,  pertanto,  in
termini pienamente conformi alla sentenza Lexitor» (punto 17). 
    Il primo  argomento  verte  sulla  gerarchia  delle  fonti  e  si
sostanzia  nell'affermazione  della  subordinazione  della  normativa
secondaria all'art. 125-sexies TUB e nella conseguente necessita', di
fronte a un'antinomia, di disapplicare la  norma  secondaria  perche'
incompatibile con l'art. 125-sexies, se correttamente interpretato in
conformita' alla Lexitor. L'argomento vale, se si considera  il  dato
normativo ex decreto legislativo n. 141/2010, ma perde di  efficacia,
guardando invece all'art.  125-sexies  come  riscritto  e  potenziato
dall'art.  11-octies,  comma  2,  decreto-legge  n. 73/2021,  che  ha
evidentemente integrato nella norma primaria  proprio  la  formazione
secondaria di Banca d'Italia, gia'  emanata  e  vigente.  Tra  l'art.
125-sexies e quelle disposizioni non esiste piu', per conseguenza, un
rapporto  gerarchico,  ma  l'uno  e  le  altre  devono  essere  lette
congiuntamente, al fine di verificare la perdurante  possibilita'  di
interpretazione conforme. 
    Il secondo argomento  verte  sui  contenuti  delle  disposizioni,
tentando di offrirne un'interpretazione in  continuita'  anziche'  di
rottura con Lexitor, valorizzando  nella  messe  delle  disposizioni,
comunicazioni e orientamenti di Banca emanate in  quasi  un  decennio
quelle che, in qualche misura,  anticipano  Lexitor  e  il  principio
della ripetibilita' pro rata temporis del costo totale del credito. 
    Questo  pur  suggestivo   argomento   tralascia,   tuttavia,   di
considerare  il  senso  ultimo  dell'integrazione  della   normazione
secondaria di  Banca  d'Italia  all'interno  della  norma  di  legge,
consistente nel recepire il valore tassonomico della distinzione  tra
oneri Upfront e Recurring, a cui [paragrafo 3.2.] Banca  d'Italia  e'
rimasta sempre fedele, limitandosi a raccomandare  agli  intermediari
comportamenti corretti, trasparenti e rispettosi degli interessi  del
cliente e al limite ad auspicare il superamento in via di fatto della
distinzione  tra  oneri  ripetibili  e  irripetibili,  attraverso  il
modello «tutto interessi». 
    Cfr. la delibera n. 145/2018, «Operazioni di finanziamento contro
cessione del quinto dello stipendio o della pensione. Orientamenti di
vigilanza», citata anche dal Collegio di coordinamento  dell'ABF  (n.
21676 del 15 ottobre 2021), dove al paragrafo 62 la  distinzione  tra
oneri Recurring e Upfront  e'  testualmente  ribadita:  «In  caso  di
richiesta di estinzione anticipata del  finanziamento  da  parte  del
cliente, gli intermediari devono fornire tempestivamente i  necessari
conteggi  estintivi;  essi  devono  evidenziare  in  modo  chiara   e
comprensibile almeno il residuo da corrispondere, le  rate  pagate  e
quelle ancora non pagate (evidenziando quelle in  scadenza  e  quelle
gia'  scadute  in  relazione  al  piano   di   ammortamento   [...]),
l'ammontare degli oneri gia' corrisposti che  formeranno  oggetto  di
restituzione e quelli che invece, avendo natura Upfront, non  saranno
restituiti». 
    Lo sforzo di interpretazione  dell'art.  11-octies  comma  2,  in
continuita' con Lexitor, per quanto  apprezzabile,  trova  infine  un
insuperabile limite logico nella considerazione che, se il  novellato
art.  125-sexies  ha  stabilito  in  modo  non  equivoco   la   piena
applicazione del principio di Lexitor, una disposizione ad hoc per  i
contratti anteriori, che riprende il testo anteriore e lo integra per
giunta con le norme secondarie di Banca d'Italia, in tanto puo' avere
senso logico, in quanto marchi una differenza sostanziale rispetto al
principio di Lexitor e quindi escluda dal perimetro della ripetizione
una parte apprezzabile del costo totale del credito. 
    3.8. Il Tribunale di Savona, con sentenza 15 settembre  2021,  n.
680, ripresa adesivamente anche dalla decisione  gia'  esaminata  sub
paragrafo 7 del Collegio ABF di Roma, ha argomentato la retrocessione
al consumatore di una quota di oneri Upfront, dandosi  un'alternativa
secca: «o si ritiene che del nuovo art. 125-sexies TUB sia  possibile
un'interpretazione  conforme   alla   normativa   europea   ed   alla
giurisprudenza della Corte europea di  Giustizia  ed  in  continuita'
rispetto  all'interpretazione  gia'  offerta   dalla   giurisprudenza
formatasi  precedentemente  al  25  luglio  2021  oppure   a   fronte
dell'evidente contrasto fra diritto interno e  diritto  unionale  non
potrebbe  che  procedersi  alla  parziale  disapplicazione  dell'art.
11-octies, legge n. 106/2021 (per l'affermazione di  tale  principio,
ancorche' in ambiti differenti, cfr. Consiglio di Stato,  sezione  V,
11  marzo  2021,  n.   2087;   Tribunale   amministrativo   regionale
di Firenze,  sezione  II,   8   marzo   2021,   n.   363;   Tribunale
amministrativo regionale di Lecce,  sezione  I,  2  luglio  2019,  n.
1137)». 
    L'alternativa non esaurisce pero' lo spettro  delle  possibilita'
date dal diritto europeo e interno.  In  primo  luogo,  il  principio
dell'interpretazione conforme trova il suo limite  in  una  norma  di
diritto interno che, secondo tutti i canoni  interpretativi,  risulti
confezionata con un testo chiaro e inequivoco, sia pur potenzialmente
conflittuale con la disciplina europea. Se e'  vero  che  il  giudice
puo'  presumere   che   lo   Stato   membro   abbia   esercitato   la
discrezionalita' di cui disponeva nel rispetto degli obiettivi  della
Direttiva, tale presunzione cede di fronte alla  stringente  evidenza
del contrario. 
    In secondo luogo, il potere-dovere del giudice di  non  applicare
la disposizione di diritto interno, nei limiti in  cui  essa  risulti
incompatibile con quella unionale, e' subordinato alla condizione che
la norma UE abbia  efficacia  diretta  nell'ordinamento  dello  Stato
membro, poiche' soltanto  in  tal  caso  il  giudice  puo'  risolvere
l'antinomia, applicando la norma  di  diritto  europeo,  anziche'  il
diritto interno. 
    La  materia  dell'effetto  diretto  della  Direttiva   e'   ormai
consolidata nella giurisprudenza e si puo'  qui  soltanto  accennare,
rinviando  ai  precedenti  della  Corte  di  giustizia  UE  e   della
Cassazione  per  una  piu'  estesa  trattazione.  Senza  pretesa   di
completezza, deve dirsi che la Direttiva puo' avere efficacia diretta
nell'ordinamento dei singoli  stati  membri,  soltanto  dopo  che  e'
scaduto  il  termine  di  recepimento,   se   contiene   disposizioni
«incondizionate e sufficientemente precise» (Cassazione  25  febbraio
2004 n. 3762;  Corte  giustizia  5  ottobre  2004,  n.  C-397-403/01,
Pfeiffer), dalle quali derivi un  diritto  azionabile  nei  confronti
dello  Stato  inadempiente.  Quest'ultima  condizione  introduce   la
distinzione  tra   efficacia   verticale   della   Direttiva,   nelle
controversie tra un soggetto privato e lo Stato - sia pure inteso  lo
Stato nella nozione ampia accolta dalla giurisprudenza comunitaria -,
e l'inefficacia  orizzontale  della  stessa,  seppure  dettagliata  e
precisa, nelle controversie tra soggetti privati. 
    Cfr. tra molte Corte di giustizia UE 14 settembre 2000 (in  causa
C-343/98, Collino e Chiappero), 24 ottobre 2002 (in  causa  C-233/01,
RAS) che enunciano il principio di diritto che «una Direttiva di  per
se' non puo' creare obblighi a carico di un singolo e non puo' quindi
essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso».  Cfr.
ancora  Pfeiffer:  «anche  una  disposizione   chiara,   precisa   ed
incondizionata di una Direttiva volta a conferire diritti o a imporre
obblighi ai privati non puo' essere applicata come  tale  nell'ambito
di una controversia che ha luogo esclusivamente tra privati». In  tal
senso, e' anche la stabile giurisprudenza di legittimita' (tra molte,
Cassazione 14 settembre 2009, n. 19771; Cassazione 25 febbraio  2004,
n. 3762).  Resta  evidentemente  salva,  ma  si  muove  su  un  piano
differente dalla diretta applicazione  nell'ordinamento  interno,  la
valenza della Direttiva come canone privilegiato  di  interpretazione
che il giudice nazionale e' tenuto a osservare, salvo il caso  limite
della manifesta contrarieta' a legge [paragrafo 3.4.]. 
    Quando le strade dell'interpretazione in conformita'  alla  norma
europea e della non applicazione della norma  interna  difforme  sono
entrambe chiuse, per l'eliminazione della disposizione  contraria  al
diritto dell'Unione  europea  e'  necessario  il  promovimento  della
questione  di   legittimita'   costituzionale,   specificamente   per
violazione degli articoli 11 e 117, primo comma, della  Costituzione.
Cfr. tra  molte  Corte  costituzionale  13  novembre  2013,  n.  267:
«nell'ambito di un giudizio in via incidentale, le norme  comunitarie
possono   costituire   elementi   integrativi   del   parametro    di
costituzionalita' di cui all'art. 117, comma 1,  della  Costituzione,
soltanto se tali norme siano prive di effetto  diretto».  Egualmente,
in precedenza, vedi Corte costituzionale (ord.) 18  luglio  2013,  n.
207: «quando davanti alla Corte costituzionale pende un  giudizio  di
legittimita'  costituzionale  per  incompatibilita'  con   le   norme
comunitarie, queste ultime, se  prive  di  effetto  diretto,  rendono
concretamente operativi i parametri di cui agli art. 11 e 117,  comma
1, della Costituzione». 
    3.9. Come anzidetto [paragrafo 3.6], la plausibile ragione  della
scelta  legislativa,  di   intervenire   sull'art.   125-sexies   TUB
riscrivendolo per il futuro e per il passato, da  un  lato  recependo
integralmente il principio della ripetibilita' del costo  totale  del
credito,  dall'altro  limitando  tale  recezione  ai  soli  contratti
futuri,   consiste   nella   salvaguardia   dell'affidamento    degli
intermediari   e   degli   altri   professionisti   coinvolti   circa
l'irripetibilita'  dei  costi  anteriori  alla   sottoscrizione   del
contratto e indipendenti dalla  sua  durata,  nel  caso  di  rimborso
anticipato del capitale - principio pur  temperato  dai  principi  di
trasparenza  e  correttezza  nelle  relazioni  tra   intermediari   e
consumatori. 
    Guardando la questione dal punto di  vista  del  consumatore,  la
sentenza Lexitor amplia il perimetro dei costi su cui il  consumatore
poteva ragionevolmente fare affidamento ai fini della  riduzione  del
costo totale del credito, secondo il diritto applicato in Italia fino
ad allora, di modo che appare difficile supporre che la  disposizione
impugnata  frustri  l'affidamento  del  consumatore,  almeno  per   i
contratti conclusi prima della pubblicazione della sentenza Lexitor. 
    Cio' malgrado, non rientra  nella  discrezionalita'  del  singolo
stato membro la limitazione dell'efficacia nel tempo di una Direttiva
o, in termini equivalenti, della sentenza della  Corte  di  giustizia
che determina  i  limiti  in  cui  le  norme  della  Direttiva  hanno
efficacia e devono essere applicate, nemmeno se la scelta dello Stato
viene giustificata sotto il profilo del rispetto della  certezza  del
diritto e della tutela dell'affidamento legittimo, poiche'  una  tale
scelta    unilaterale    contraddice     «l'esigenza     fondamentale
dell'applicazione uniforme e generale del  diritto  comunitario»,  la
quale implica che sia, invece,  riservato  alla  Corte  di  «decidere
sulle limitazioni nel tempo da apportare all'interpretazione che essa
fornisce» (Corte di giustizia UE, 2 febbraio 1988, in  causa  309/85,
Barra, punti 12-13), secondo una valutazione caso per  caso,  diretta
ad accertare quando  esistano  «situazioni  eccezionali»  in  cui  la
retroattivita' della pronuncia puo' provocare il  rischio  di  «gravi
inconvenienti» e frustrare la «buona fede degli ambienti interessati»
(Corte di giustizia UE 23 maggio 2000, causa C-104/98, Buchner e al.,
punto 39; Corte di giustizia UE  28  settembre  1994,  causa  C57/93,
Vroege, punto 21). 
    Secondo una massima piu' volte ripetuta, il  discostamento  della
Corte dalla naturale retroattivita' delle proprie  sentenze  potrebbe
ammettersi   «solo    nella    stessa    sentenza    che    statuisce
sull'interpretazione  richiesta»  (Barra,  cit.,  punti  12-13;   nel
medesimo senso Vroege, cit., punto 31;  Corte  di  giustizia  UE,  16
luglio 1992, causa C-163/90, Legros e al., punto 30).  Evidentemente,
la Corte di giustizia UE non ha limitato l'efficacia nel tempo  della
ripetibilita' del costo totale del credito con  la  sentenza  Lexitor
stessa   e   non   risulta   che    sia    allo    stato    ritornata
sull'interpretazione  dell'art.  16,  par.  1  Direttiva  neppure  in
seguito. 
    Il significato e la portata dell'enunciato  della  Direttiva  che
funge, nel  presente  caso,  da  parametro  integrativo  delle  norme
costituzionali possono quindi ritenersi stabiliti nei termini di  cui
alla sentenza Lexitor,  ferma  la  possibilita'  che  l'Ecc.ma  Corte
adita, avendo natura di «giurisdizione nazionale» ex art. 267,  comma
3 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea anche nei giudizi di
legittimita'   in   via   incidentale,   proponga   nuove   questioni
pregiudiziali,  secondo  il  principio  che  essa  ha  gia'  espresso
nell'ordinanza 18 luglio 2013, n. 207. 
    3.10. In conclusione. l'art. 11-octies (primo comma,  lettera  c)
ha recepito il principio di Lexitor, introducendo il  novellato  art.
125-sexies TUB che enuncia il diritto del consumatore a calcolare  la
riduzione sul costo totale del credito, in proporzione  alla  residua
durata del contratto  al  momento  del  rimborso  anticipato.  Appare
ininfluente  l'esclusione  delle  imposte  dal  perimetro  dei  costi
rilevanti, trattandosi di una voce del costo totale del credito (cfr.
art. 3 Direttiva e art. 121 TUB)  che  l'intermediario  a  sua  volta
versa all'Erario ed e' di peso normalmente trascurabile, nel coacervo
dei costi. 
    La sentenza della Corte di giustizia non  consente,  tuttavia,  a
uno stato membro di limitare a propria  discrezione  l'efficacia  nel
tempo  dell'interpretazione  fornita  all'art.  16,  par.   1   della
Direttiva. Pertanto, sia la limitazione del recepimento di Lexitor ai
soli contratti successivi al 25 luglio  2021  (secondo  comma,  primo
periodo),  sia  la  riformulazione  del  previgente  art.  125-sexies
(secondo  comma,  secondo  periodo)  che  ha  l'effetto  di   rendere
ragionevolmente impossibile all'autorita' giudiziaria di continuare a
interpretare l'art. 125-sexies TUB secondo il  principio  di  Lexitor
[paragrafo 3.6.], con riguardo ai contratti anteriori  al  25  luglio
2021, appaiono in violazione della Direttiva, come interpretata dalla
Corte, e mediatamente anche degli articoli 11 e 117 primo comma della
Costituzione. 
    Anche a seguire, comunque, il diverso indirizzo giurisprudenziale
che non ammetteva la  possibilita'  di  un'interpretazione  dell'art.
125-sexies (previgente) secondo il principio espresso dalla Corte  di
giustizia, resta il fatto che l'attuale  testo  dell'art.  125-sexies
TUB recepisce chiaramente la sentenza e  che  il  comma  2  dell'art.
11-octies,   introducendo   una   differenza   di   trattamento   non
giustificata  dalle  fonti  europee,  tra   contratti   anteriori   e
successivi al 25 luglio 2021, risulta discriminatorio e  sospetto  di
illegittimita'  costituzionale  anche  ai  sensi  dell'art.  3  della
Costituzione. 
    Il  secondo  periodo  del  secondo   comma   non   puo'   essere,
evidentemente, mantenuto in alcuna  sua  parte  essendo  in  radicale
conflitto con le fonti europee (art. 16 Direttiva,  Lexitor),  mentre
il primo periodo del secondo comma deve ritenersi  costituzionalmente
illegittimo nella parte  in  cui  limita  ai  contratti  sottoscritti
successivamente all'entrata  in  vigore  della  legge  il  principio,
espresso nell'art. 16, par. 1 della  Direttiva  n.  2008/48/CE,  come
interpretata dalla sentenza  della  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea in data 11 settembre 2019 C-383/18, e recepito nel  novellato
art. 125-sexies,  comma  1  TUB  che  «il  consumatore  che  rimborsa
anticipatamente,  in  tutto  o  in   parte,   l'importo   dovuto   al
finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale  alla
vita residua del contratto,  degli  interessi  e  di  tutti  i  costi
compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte». 
    La questione e' infine  evidentemente  rilevante  ai  fini  della
decisione, poiche' il contratto oggetto di causa  e'  stato  concluso
nella vigenza della Direttiva n. 2008/48/CE, ma anteriormente  al  25
luglio 2021, ed e' stato estinto anticipatamente dal consumatore  con
rimborso integrale del  capitale.  Dall'accoglimento  della  presente
questione dipende quindi l'esistenza del diritto  alla  ripetibilita'
pro rata temporis degli oneri Upfront, che e'  lo  specifico  oggetto
della domanda.